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Distacco dal riscaldamento centralizzato: quali sono le regole?

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(@raffaella-mari)
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Chi si dota di un impianto autonomo deve contribuire a pagare le spese per la manutenzione e per i consumi involontari. 

Per limitare gli sprechi e favorire un consumo oculato del gas, la legge ha imposto ai condòmini allacciati all’impianto di riscaldamento centralizzato di dotarsi di misuratori di calore (le cosiddette valvole termostatiche) in modo da controllare e gestire meglio la spesa individuale. Ma cosa succede a chi invece vuol munirsi di un impianto autonomo?

La sentenza n. 26185/2023 della Cassazione ha indicato quali sono le regole per il distacco dal riscaldamento centralizzato: distacco permesso solo a determinate condizioni. In questo articolo, esploreremo i diritti e i doveri del condomino che sceglie di avere un proprio impianto a gas.

Quando è possibile il distacco dal riscaldamento centralizzato?

Un condomino può distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato senza necessità di ottenere l’approvazione degli altri condomini. Questa possibilità è subordinata alla dimostrazione che il distacco non comporti maggiori spese per gli altri condomini né squilibri nel funzionamento dell’impianto.

Tale prova va fornita tramite una perizia da esibire in assemblea, redatta da un tecnico del settore.

La perizia dovrà contemplare tutti gli interventi da eseguire:

  • i rilievi sull’abitazione e sullo stabile;
  • le caratteristiche dell’impianto centralizzato per l’individuazione del calore di cui il singolo appartamento beneficerà in ogni caso;
  • la dichiarazione dell’ingegnere circa il non depotenziamento dell’impianto centralizzato e l’assenza di danni al condominio;
  • la quantificazione economica del beneficio determinato dall’induzione del calore derivante dal riscaldamento centralizzato;
  • il rispetto delle distanze con le altre abitazioni per lo scarico dei fumi.

Una volta predisposto tale documento, nulla e nessuno potrà impedire al condòmino di procedere al distacco.

Tuttavia, una preventiva comunicazione all’amministratore e un passaggio in assemblea per l’avallo dell’operazione appaiono ugualmente necessari.

L’assemblea non potrà mai opporsi al distacco senza una controperizia, o una esplicita richiesta di integrazioni alla perizia esibita dal condòmino, e non potrà nemmeno richiedere integrazioni all’infinito.

La Cassazione (sent. n. 28051/18) ha stabilito che le clausole regolamentari che escludono il distacco sono illegittime, poiché lesive di un diritto assoluto del proprietario dell’appartamento.

Quali sono gli obblighi del condomino che si distacca?

Nonostante il distacco, il condomino rimane responsabile del contributo alle spese necessarie per la conservazione e la manutenzione straordinaria dell’impianto termico comune. Egli dovrà partecipare anche alla sostituzione della caldaia, essendo quest’ultima considerata parte comune dell’edificio e potendo sempre decidere, in un momento successivo, di riallacciarsi all’impianto comune.

In sintesi, anche dopo il distacco, il condomino rimane sempre comproprietario dell’impianto centrale e deve quindi continuare a sostenere gli oneri relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché all’adeguamento del bene stesso.

L’esonero dal contributo alle spese per la manutenzione e l’adeguamento dell’impianto centralizzato è possibile solo con il consenso unanime di tutti i condomini. Senza tale accordo, il condomino distaccato deve continuare a sostenere gli oneri relativi all’impianto.

Il condomino distaccato partecipa alle spese di consumo?

L’assemblea può negare il distacco quando questo implica maggiori oneri per i condomini. Tuttavia, il rinunciatario, per procedere ugualmente al distacco, può offrirsi di rimborsare i maggiori oneri che gli altri condòmini devono sopportare come conseguenza della diminuzione del numero dei contribuenti rimasti collegati all’impianto.

In ogni caso, egli deve pagare una quota forfettaria stabilita dall’assemblea come compensazione del calore di cui l’unità immobiliare staccata continua comunque indirettamente a godere vista la sua collocazione nell’edificio condominiale. In pratica, si tratta delle cosiddette “dispersioni di calore” (anche chiamate “consumi involontari”). Tale quota non può superare la metà della bolletta e va ad ogni modo ripartita tra tutti i condomini in base ai rispettivi millesimi.

 
Pubblicato : 28 Marzo 2024 10:45