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La Russia ha ridotto i suoi soldati a carne da cannone

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(@maurizio-stefanini)
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Rubli per cadaveri, potrebbe essere il commento. Secondo la Banca centrale russa, tra dicembre 2022 e dicembre 2023 i depositi bancari dei russi sono aumentati in media del diciotto per cento. Grazie «all’aumento dell’attività economica e alla crescita dei salari reali» ha spiegato la stessa Banca centrale, come a voler intervenire nel dibattito se la Russia stia soffrendo o no per le sanzioni.

L’istituto di ricerca finlandese Bofit, però, ha poco fa pubblicato un’analisi della ricercatrice Laura Solanko sul forte aumento dei depositi bancari in alcune regioni russe da cui risulta che questi depositi sono cresciuti maggiormente proprio nelle regioni che più stanno fornendo alla guerra combattenti e morti in proporzione alla propria popolazione. In una decina di regioni, in particolare, l’aumento è stato di oltre il venticinque per cento. Nella Repubblica di Tuva è arrivato al quarantacinque per cento. La regione è una delle più povere della Russia e alla fine del 2022 quasi un terzo dei suoi residenti viveva al di sotto della soglia di povertà. Altre regioni che hanno registrato aumenti molto elevati includono la Buriazia e la Repubblica dell’Altai, dove oltre il venti per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.

Ciò si incrocia con altri studi secondo cui le minoranze etniche russe starebbero pagando un prezzo sproporzionatamente più alto in termini di vittime della guerra. E questi dati coincidono appunto con quelli dell’aumento dei depositi. I tuvani, ad esempio, sono una etnia che con lo 0,2 per cento della popolazione della Russia ha dato l’1,11 per cento dei caduti. I buriati corrispondono allo 0,3 per cento della popolazione e all’1,16 per cento delle perdite. I calmucchi allo 0,12 per cento della popolazione e allo 0,23 per cento delle perdite. I ciukci lo 0,01 per cento della popolazione e lo 0,09 per cento delle perdite. I nenets lo 0,035 della popolazione e lo 0,1 per cento. In compenso i russi etnici sono l’ottanta per cento della popolazione, ma solo il settanta per cento delle perdite. Conclusione: a contribuire a questi aumenti sono in modo importante i risarcimenti che vengono versati alle famiglie dei soldati uccisi e feriti in guerra.

Ciò riporta all’altro dibattito sul costo umano di questo conflitto: iniziato da subito, e più volte aggiornato. Appunto, in occasione del secondo anniversario dell’aggressione di Vladimir Putin un punto sulle differenti stime è stato fatto dall’Economist. «È difficile stimare quanti soldati russi siano stati mandati a morire in Ucraina», esordisce.

Come appunto ricordato già da Linkiesta, uno dei calcoli più completi è quello che è stato fatto dai due media russi indipendenti Mediazona e Meduza, che utilizza necrologi pubblici e documenti ufficiali di eredità per creare un bilancio stimato delle vittime. L’Economist aveva a sua volta riportato lo studio del luglio 2023, quando la cifra era compresa tra quarantamila e cinquantacinquemila. Ma da allora ha continuato a crescere in continuazione, e allo scorso 31 dicembre sarebbe ormai arrivato a 66mila-88mila vittime. Questa stima rientra nell’intervallo dei recenti conteggi delle agenzie di intelligence occidentali: l’ultima del ministero della Difesa britannico era pari a settantamila; negli Stati Uniti pensano che potrebbe arrivare a centoventimila.

L’Economist ha pubblicato anche un grafico che visualizza le vittime settimana per settimana, e che mostra sia notevoli picchi di perdite russe durante l’inizio e il culmine della controffensiva ucraina nel 2023; sia perdite significative lo scorso inverno, durante la battaglia per Bakhmut. Questi dati non includono il numero dei soldati dispersi o di coloro che sono stati gravemente feriti in combattimento. Leaks del Pentagono suggeriscono però un rapporto di circa tre o quattro soldati russi feriti per ogni morto in battaglia. Il rapporto tra soldati ucraini feriti e uccisi è molto più alto, tra sei e quasi otto: riprova di un diverso modo di «spendere» i propri effettivi.

Alla fine, ne viene fuori che tra i duecentonovantamila e i quattrocentosessantamila soldati russi fossero fuori combattimento entro la fine del 2023. Insomma, è come se l’intera forza d’invasione russa nel febbraio 2022 fosse stata annientata. Poiché però nuove mobilitazioni sono impopolari in tempo di elezioni, Putin li sostituisce sempre più con mercenari arruolati nei posti più impensati, spesso in modo truffaldino. Polemiche recenti riguardano ad esempio cubani, nepalesi, indiani. Il diciannove per cento dei caduti era rappresentato da detenuti, e il sei per cento di appartenenti a compagnie militari private. Altri sono appunto arruolati tra le etnie e regioni più povere.

L’Economist riporta anche che i soldati di età compresa tra i trentacinque e i trentanove anni registrano il bilancio delle vittime più alto, con una stima di 15mila-17mila uccisi dal 2022. Ma come percentuale della popolazione maschile, quelli di età compresa tra i venticinque e i ventinove anni hanno subito le perdite più elevate. I dati suggeriscono che più dell’uno per cento di tutti gli uomini russi di età compresa tra i venti e i cinquant’anni potrebbero essere stati uccisi o gravemente feriti in Ucraina dall’inizio della guerra su vasta scala. Nell’aprile 2023 la Russia aveva già perso più soldati invadendo l’Ucraina di quanti ne avesse persi in tutte le guerre precedenti messe insieme dal 1945. A gennaio le morti erano quasi raddoppiate. Secondo il think tank Rusi, il Cremlino ritiene che l’attuale rapporto di logoramento del personale possa essere mantenuto fino alla fine del 2025.

Lo studio di Mediazona e Meduza copre solo la Russia. Il 25 febbraio Volodymyr Zelensky ha affermato che trentunomila soldati ucraini erano stati uccisi dall’invasione; fonti statunitensi stimano che la cifra sia più del doppio. Il bilancio delle vittime confermate per i civili ucraini, nel frattempo, è ben oltre diecimila, con il totale reale ritenuto molto più alto.

 
Pubblicato : 2 Marzo 2024 05:45