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Spese di trasferta per vedere i figli: come cambia l’assegno di mantenimento

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(@angelo-greco)
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Cosa succede se il giudice affida il figlio a un genitore che vive in un’altra città? Il fatto di spendere soldi per i viaggi può ridurre la misura degli alimenti?

In caso di separazione o divorzio, in merito al diritto del genitore “collocatario dei figli” a trasferirsi in un’altra città la giurisprudenza è divisa. Secondo alcune pronunce il giudice non può limitare la libertà di spostamento di un individuo: egli deve solo garantire che venga rispettato il diritto di visita dell’altro genitore. Altre sentenze invece riconoscono alla madre la possibilità di allontanarsi dal luogo ove risiede il padre solo in presenza di valide ragioni come ad esempio quelle lavorative. Di fatto però la lontananza del domicilio tra i due genitori finisce per essere quasi sempre uno svantaggio per quello non collocatario il quale, per esercitare il suo diritto-dovere di visita al bambino, è tenuto a sostenere degli ingenti costi per i viaggi. Ebbene, in casi come questi si pone puntualmente la seguente domanda: come cambia l’assegno di mantenimento se ci sono spese di trasferta per vedere i figli?

Un recente caso giudiziario ha messo in luce come le spese per i viaggi possano incidere sull’ammontare degli alimenti giustificando una richiesta di riduzione dello stesso. Analizziamo il caso e le sue implicazioni.

In che modo le spese di trasferta influenzano l’assegno di mantenimento?

L’ordinanza n. 14831 della Corte di Cassazione ha stabilito che l‘assegno di mantenimento può essere adeguato se l’obbligato deve affrontare significative spese di viaggio per vedere i propri figli. Questa decisione segna un importante precedente, indicando che le necessità legate al diritto di visita sono fattori rilevanti nella determinazione dell’assegno.

Cosa dice la legge riguardo al calcolo dell’assegno di mantenimento?

Non è questa la sede per ribadire tutti i criteri di calcolo dell’assegno di mantenimento. Tuttavia è utile ricordare che, tra gli elementi che il giudice deve prendere in considerazione ai fini di una corretta liquidazione di tale importo, vi sono le spese che il soggetto obbligato al versamento deve sostenere. Vi rientrano i debiti contratti per la famiglia (ad esempio il mutuo per l’acquisto della casa coniugale o il finanziamento per l’acquisto di mobili) e quelli conseguenti alla separazione (spese per l’affitto di un nuovo alloggio a seguito di affidamento della casa coniugale all’ex).

Dunque, alla luce di ciò, le spese di viaggio per le visite ai figli rientrano tra gli oneri che finiscono per impoverire il genitore, già tenuto a versare il mantenimento. Ragion per cui è legittima la richiesta di riduzione dell’assegno mensile da versare in favore dell’ex e/o dei figli.

Del resto la legge prevede che l’assegno di mantenimento debba essere proporzionato alla situazione economica dell’obbligato. In questo caso, la Corte ha ritenuto che le spese di trasferta per il diritto di visita ai figli dovessero essere considerate un fattore importante, incidendo sull’entità dell’assegno a carico dell’ex marito.

Il precedente tenore di vita influisce sull’assegno di mantenimento?

Dal 2017 è cambiato l’orientamento della giurisprudenza in tema di quantificazione dell’assegno di mantenimento. Questo non deve più mirare a garantire, al coniuge economicamente più debole, lo stesso tenore di vita goduto da questi durante il matrimonio (circostanza questa che portava ad attribuire un assegno tanto più elevato quanto maggiori erano le disponibilità economiche dell’ex). Al contrario, oggi l’assegno divorzile ha una sola finalità: consentire al beneficiario l’autosufficienza economica, la possibilità cioè di mantenersi da solo in modo decoroso e adatto alle condizioni socio-ambientali in cui vive.

La Cassazione ha affermato che il giudice deve tenere conto anche di altri fattori, tra cui:

  • il contributo fornito da ciascun coniuge alla conduzione della famiglia e alla formazione del relativo patrimonio: sicché l’assegno potrà essere maggiore nei confronti di chi ha rinunciato o sacrificato alle proprie ambizioni lavorative per dedicarsi al ménage domestico;
  • il grado di autosufficienza economica di entrambi i coniugi;
  • la durata del matrimonio;
  • la disponibilità di redditi e di patrimoni mobiliari o immobiliari;
  • le capacità reddituali ossia la possibilità di lavorare in base all’età, alla formazione, alle precedenti esperienze lavorative.

In base a questo nuovo orientamento giurisprudenziale, il giudice può disporre che l’assegno di mantenimento sia negato anche se il coniuge beneficiario non ha un reddito proprio quando il suo stato di disoccupazione dipende da un atteggiamento colpevole o inerte. Ciò può avvenire, ad esempio, se il coniuge beneficiario ha la capacità di lavorare e di mantenersi autonomamente.

Inoltre, la Cassazione ha affermato che l’assegno di mantenimento deve essere proporzionato alle capacità reddituali del coniuge obbligato. Ciò significa che l’assegno di mantenimento non può essere superiore a quanto il coniuge obbligato è in grado di pagare.

 
Pubblicato : 30 Gennaio 2024 13:45