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La rivolta degli agricoltori e la protesta politica delle zone rurali europee

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(@enrico-varrecchione)
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Se c’è qualcosa che ci ha insegnato la protesta degli agricoltori, affidata in Italia a personaggi di dubbia morale e con interessi non propriamente limpidi, è la necessità della presenza dei classici “adulti nella stanza”. D’altronde è difficile prendere sul serio una protesta quando la sua ambizione massima non è quella di avere una rappresentanza politica, ma un posto in prima serata, sgomitando fra un Ghali che blatera di genocidio e i sospetti su Geolier e il televoto. Nel Nord Europa, per tradizione, le vecchie leghe agrarie, e successivamente i partiti politici che hanno assunto la denominazione di “Centro” (Senterpartiet, Centerpartiet o Keskusta), rappresentano gli interessi del settore agricolo e delle aree rurali dei rispettivi paesi. Si tratta di un caso relativamente isolato, anche se recentemente movimenti analoghi sono sorti nei Paesi Bassi e in Polonia, oltre che nei paesi baltici dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica.

L’adulto nella stanza che ci aiuta a capire il fenomeno non è uno qualunque. Matti Vanhanen è stato per sette anni primo ministro del suo paese e per periodi più brevi ministro della Difesa, delle Finanze e Presidente del Parlamento. In qualità di premier, ha dovuto gestire la scadenza dei sussidi per il settore agricolo finlandese successivo all’ingresso di Helsinki nell’Ue, disinnescando una bomba sociale. In passato era ritenuto dagli osservatori un euroscettico, successivamente Vanhanen si è riposizionato in chiave più favorevole all’Unione ed è probabilmente una delle voci più autorevoli per comprendere la natura delle proteste e la loro dimensione europea. Oggi sessantanovenne, l’ex premier è di casa a Nummijärvi, non lontano dalla capitale finlandese. Qui ha votato alle presidenziali del 12 febbraio e l’intervista è avvenuta all’indomani dell’elezione di Alexander Stubb.

Come ha vissuto questo voto?
Sono molto soddisfatto. Non mi sono schierato apertamente per nessuno dei due candidati perché ero consapevole che chiunque dei due fosse stato eletto, sarebbe stato un ottimo presidente. Sono due figure molto simili e hanno condotto una campagna molto rispettosa l’uno dell’altro.

Che opinione si è fatto delle proteste degli agricoltori nel resto d’Europa?
La ragione di questo movimento è da far risalire all’aumento dei costi, all’inflazione alta e all’aumento del prezzo del carburante. Insomma, gli agricoltori hanno evidenti problemi economici. Visto da qui, uno potrebbe anche fare fatica a capire perché gli agricoltori siano contrari, ad esempio, all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, ma mi rendo conto di quanto sia difficile integrare l’agricoltura ucraina al mercato unico. Mi auguro che venga trovato un accordo per permettere che l’Ucraina possa entrare senza che a pagarne il prezzo non sia l’intero settore.

Nel 2006 lei era riuscito a raggiungere un accordo per il rifinanziamento dei contributi agli agricoltori, come è andata quella volta?
Quando noi siamo entrati nell’Unione Europea, avevamo il problema opposto, perché il nostro settore agricolo in quel momento non era avanzato come nel resto del continente e per questo avevamo bisogno di sussidi speciali per poter competere con i mercati dell’Europa Centrale. Il problema che si pongono gli agricoltori europei oggi è l’ingresso di un paese, l’Ucraina, che ha un settore agricolo molto efficiente e con prezzi più bassi rispetto alla media europea. Quindi, alla base c’è un malcontento simile, ma in quel caso eravamo noi a dover compensare le nostre mancanze in termini di produzione quando abbiamo avuto accesso al mercato unico. Abbiamo trovato un buon compromesso, ma non posso dire che gli agricoltori finlandesi fossero soddisfatti, perché la loro produzione per ettaro non era comparabile a quella dell’Europa centrale. A questo, oggi, si aggiunge anche un aumento generale dei costi e c’è bisogno che l’UE trovi il modo di compensare le perdite. Abbiamo bisogno di un’agricoltura in grado di produrre cibo a sufficienza tenendo a mente che le circostanze possano peggiorare.

Per voi, quella dell’autosufficienza in termini di cibo, è una questione vitale.
Storicamente abbiamo dovuto sempre pensare a produrre abbastanza cibo, perché non siamo in grado di sapere in che situazione ci troveremo in futuro. Se pensiamo ad oggi, è quasi come se la Finlandia fosse diventata un’isola: il solo accesso che abbiamo al mercato globale è attraverso il Baltico e, se il mare ghiaccia, non possiamo avere la certezza di far arrivare prodotti dal resto del continente. Per questo è necessario assicurarsi un settore agricolo in grado di generare utili per pianificare il futuro.

Più in generale, una delle preoccupazioni principali è il gap fra le zone rurali e quelle urbane e il fatto che la destra radicale cerchi di conquistare il sostegno attraverso questo malcontento. Che ruolo gioca in partito come il vostro?
Temo che non si sia fatto abbastanza per evitare l’ascesa dei partiti di protesta ispirati alla destra radicale, come ad esempio il partito dei Veri Finlandesi che è cresciuto proprio attraverso il malcontento nelle zone rurali. Noi siamo un partito pragmatico che cerca di generare una cooperazione fra i blocchi di destra e sinistra, ma a un certo punto non siamo riusciti a generare consenso nelle zone in cui eravamo un partito di massa. Questo non succede solo da noi, accade anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, e si è formato un malcontento verso le metropoli. A queste elezioni, l’affluenza nei piccoli centri è stata del cinque o sei percento inferiore rispetto alle città, è successa la stessa cosa quando abbiamo rinnovato il parlamento. Questo ha un enorme impatto sul risultato finale, perché sposta ulteriormente il potere politico nelle città, in aggiunta ai cambiamenti demografici.

C’è una ragione specifica per questo?
Non siamo riusciti a rispondere adeguatamente al messaggio dei populisti e il risultato è che a loro volta queste zone rurali si sono polarizzate al loro interno, fra partiti moderati come il nostro e altri di ispirazione populista. E a loro volta, le zone rurali ne sono uscite politicamente indebolite.

Il vostro partito è passato dall’essere euroscettico a favorire l’ingresso nell’Ue e ha recentemente collaborato con i socialdemocratici, è possibile che questa sia una causa?
Il governo di centrosinistra è durato solo quattro anni, in precedenza collaboravamo con la coalizione di centro-destra, è possibile che abbia influito sul breve termine, ma non credo sia la causa principale della disaffezione. Forse il riposizionamento sull’Unione Europea ha influenzato il comportamento elettorale nelle zone in cui eravamo più forti. Ad esempio, quando abbiamo tenuto il referendum per l’accesso all’UE dopo aver ottenuto l’accordo che volevamo sull’agricoltura, le zone rurali hanno comunque votato contro e i movimenti populisti hanno utilizzato questo scetticismo per favorire la loro stessa agenda, anche se poi quando sono andati al governo, e il Partito dei Finlandesi lo sta facendo ora con la coalizione di destra, non hanno tenuto fede alle loro promesse.

Esiste una soluzione, considerata questa disaffezione nei confronti dell’Ue?
Questa discussione è stata una delle più problematiche per noi, in considerazione del fatto che siamo stati quasi sempre al governo durante gli ultimi cento anni e abbiamo utilizzato la nostra posizione per rappresentare al meglio i nostri elettori. Oggi l’Unione Europea è la realtà, i mercati comuni sono la realtà. Se è rimasto qualcosa di quello scetticismo, lo dobbiamo al fatto che non possiamo ritenerci soddisfatti della burocrazia europea. Si tratta di un processo che finisce per indebolire le diverse parti del continente quando arriva il momento di prendere una decisione.

Potrebbe fare un esempio pratico?
Le dirò questo, siamo un paese con lunghe distanze sia all’interno, che verso i mercati dell’Europa Centrale. E queste distanze sono costose. Abbiamo aree scarsamente popolate e un lungo confine con la Russia. Uno dei nostri cavalli di battaglia è la politica regionale, questo in virtù del fatto che, anche se gli agricoltori sono parte della nostra base elettorale, il nostro messaggio è quello di voler rappresentare le aree rurali. Per questo lavoriamo perché siano mantenuti gli stessi livelli di prestazione del servizio pubblico in tutto il paese, perché se non riusciamo a mantenere l’intero territorio popolato, ne va perfino della nostra sicurezza nazionale.

Prima ha menzionato la burocrazia europea, in che modo questa non funziona, rapportata ai cittadini che non vivono nelle grandi città?
Ho dubbi sul fatto che si possano mettere d’accordo ventisette paesi con una macchina burocratica simile, soprattutto se questa non riesce tenere conto delle condizioni diverse dei suoi membri. Una questione che spesso si dibatte in Finlandia, specie nei territori in cui noi lavoriamo, è la direttiva europea sulla caccia ai lupi. Ora, noi vogliamo che i lupi continuino ad essere presenti in natura rispettando il loro habitat, ma è difficile andare a spiegare questo divieto a piccole comunità a ridosso dei boschi, dove la preoccupazione principale delle persone e che i bambini non si trovino di fronte a un lupo mentre giocano in giardino o vanno a scuola. Sono circostanze come queste che mi spingono a dire che l’Unione Europea dovrebbe prestare maggiore attenzione alle questioni locali.

È un discorso molto insolito se messo in relazione alla vostra famiglia politica europea, mi riferisco all’Alde…
Noi facciamo parte dell’Alde perché la nostra natura è quella di un partito liberale, crediamo nei valori della giustizia e del progresso. Quando mi riferisco allo scetticismo, ci tengo a sottolineare che l’ingresso nell’Unione Europea è stato di fondamentale importanza per la Finlandia, perché abbiamo bisogno dei mercati comuni e di un’Unione che sostenga il concetto di democrazia e di rispetto dei diritti umani. Il nostro posto è qui, mi auguro semplicemente che possa funzionare meglio rispetto ad ora e che questioni come quella degli agricoltori trovino una soluzione che permetta di fornire una risposta ai loro timori e contemporaneamente garantire un percorso di ingresso in Europa per l’Ucraina.

 
Pubblicato : 23 Febbraio 2024 05:45