forum

Si può licenziare p...
 
Notifiche
Cancella tutti

Si può licenziare per critiche su Facebook?

1 Post
1 Utenti
0 Likes
16 Visualizzazioni
(@paolo-remer)
Post: 1042
Famed Member Registered
Topic starter
 

Diritto di critica dei lavoratori nei confronti del capo, dei manager e dell’azienda: come funziona e quando è legittimo.

I social sono il megafono delle nostre opinioni: se il contenuto non è palesemente offensivo, e dunque tale da essere bannato immediatamente dalla piattaforma, chiunque può scrivere pubblicamente quello che pensa, in modo da diffondere il suo messaggio ad un ampio numero di persone grazie a un semplice click. Molti, però, usano i social anche per sfogarsi: esprimono pensieri e giudizi su ciò che accade nel mondo, sui personaggi della politica, dello spettacolo e dello sport ed anche sull’andamento del proprio lavoro. Così il capo e i manager dell’azienda possono diventare un facile bersaglio delle critiche espresse dai dipendenti.

Alcuni datori di lavoro non la prendono bene e puniscono chi non è riuscito a stare zitto, e che magari con il suo post ha offeso qualche figura di spicco o ha leso l’immagine aziendale: e allora qualche dipendente viene licenziato «per giusta causa» e ci rimette il posto di lavoro. Ma davvero si può licenziare per le critiche espresse su Facebook o su altri social analoghi, come Instagram o Twitter?

Quando il licenziamento per un post su Facebook è illegittimo

In realtà tutto dipende dalla gravità delle critiche formulate e dalle espressioni utilizzate. Ad esempio, una recentissima sentenza della Corte d’Appello di Brescia [1] ha reintegrato e risarcito una cassiera Conad che era stata licenziata a causa degli attacchi che aveva rivolto sui social network contro la famosa catena commerciale di cui era dipendente. Il recesso intimatole dalla società per giusta causa era illegittimo, perché la lavoratrice aveva esercitato il suo legittimo diritto di critica su alcune scelte di organizzazione aziendale.

Il post pubblicato dalla cassiera su Facebook aveva avuto una grande risonanza mediatica, soprattutto nella comunità locale, perché il punto vendita in cui lavorava aveva subito un cambio di proprietà e nel riassetto aziendale c’erano stati vari esuberi e licenziamenti. La lavoratrice era anche rappresentante sindacale, e anche in tale qualità aveva sparato a zero contro la «gestione disastrosa» e «l’incapacità dei nostri imprenditori», accusati di «inadeguatezza»; poi aveva definito il trasferimento societario con la colorita metafora: «hanno cambiato vestito ma tenuto le stesse mutande».

Diritto di critica del dipendente: come si esercita sui social?

Il diritto di critica è tutelato dall’art. 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di manifestazione del pensiero «con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», quindi il principio è pienamente applicabile alla diffusione che avviene attraverso la pubblicazione di post (ed anche di meme e video) sui social network.

Nonostante il linguaggio aspro utilizzato, la cassiera non aveva travalicato i limiti del diritto di critica: aveva semplicemente espresso la sua opinione sulla conferma dei vecchi dirigenti nonostante il cambiamento di proprietà aziendale, senza voler paragonare i manager agli indumenti intimi che coprono le parti basse del corpo. La sua critica riguardava esclusivamente le modalità del riassetto aziendale compiuto dai nuovi vertici e non travalicava in attacchi personali e denigratori, che come tali avrebbero leso l’onore, la reputazione e il decoro dei soggetti coinvolti.

Inoltre il post era stato pubblicato in un gruppo Facebook chiuso, riservato ai colleghi, nel quale si discuteva proprio delle condizioni di lavoro: quindi era stato rispettato – oltre alla verità dei fatti rappresentati – anche il principio di pertinenza, che riguarda l’oggetto delle discussioni, e secondo la giurisprudenza rende legittima la critica se si mantiene anche la «continenza» delle espressioni, in modo da non travalicare in offese e insulti. Ora concentriamoci su quest’ultimo aspetto, perché è il più facile da superare, e allora si rischia davvero di essere licenziati.

Licenziamento per post sui social: condizioni

Il licenziamento per giusta causa è il provvedimento disciplinare più grave e può essere adottato quando il lavoratore tiene – anche in ambito extralavorativo – una condotta tale da ledere irrimediabilmente il vincolo di lealtà che deve sussistere con il datore di lavoro: ciò fa venire meno la necessaria fiducia reciproca, e, pertanto, non consente la prosecuzione del rapporto. Questo può accadere anche quando il dipendente pubblica sui social espressioni ingiustamente denigratorie dell’immagine del datore di lavoro, così venendo meno ai propri doveri di correttezza e all’obbligo di fedeltà sancito dall’art. 2105 del Codice civile: in tali casi la giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene legittimo il licenziamento [2].

La Corte bresciana che ha reintegrato la cassiera è consapevole di questo orientamento e sottolinea che: «l’esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro può configurare un illecito disciplinare quando, superando i limiti del rispetto della verità oggettiva, si traduca in una condotta lesiva del decoro dell’impresa datoriale, suscettibile di provocare con la caduta della sua immagine anche un danno economico».

In alcuni casi, quindi, applicando questi principi la giurisprudenza [3] adotta la soluzione opposta a quella data al caso di Brescia e conferma il licenziamento per giusta causa intimato dall’azienda nei confronti del dipendente “colpevole” di aver pubblicato critiche su Facebook o su altri social network. Ciò avviene quando si superano i limiti della correttezza dell’esposizione, e si attribuiscono all’impresa datoriale, o ad alcuni  suoi esponenti, «qualità apertamente disonorevoli, riferimenti volgari e infamanti, o deformazioni tali da suscitare il disprezzo o il dileggio». In queste situazioni si può addirittura licenziare per un like su Facebook, quindi per la semplice condivisione di un’opinione altrui e alla quale si aderisce rafforzandola e diffondendola ulteriormente.

In estrema sintesi, per non farsi licenziare a causa di un post pubblicato su Facebook o su altri social bisogna stare attenti a ciò che si dice e al modo in cui lo si dice: la stessa sentenza dei giudici del Lavoro di Brescia segnala che «l’esposizione della critica deve avvenire con modalità espressive rispettose dei canoni di correttezza, misura e civile rispetto della dignità altrui»: anche il datore di lavoro ha la propria, e perciò non può essere «preso di mira con attacchi puramente offensivi».

Approfondimenti

The post Si può licenziare per critiche su Facebook? first appeared on La Legge per tutti.

 
Pubblicato : 14 Novembre 2022 11:00