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Recesso anticipato nel contratto a tempo determinato

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(@angelo-greco)
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Licenziamento o dimissioni prima della scadenza del contratto a tempo determinato: qual è la penale?

La possibilità di una disdetta del contratto a tempo determinato prima della scadenza del termine pone interrogativi sia per il datore di lavoro che per il dipendente. La normativa infatti consente l’esercizio di tale diritto solo se sussiste una giusta causa.

In questo articolo vedremo come funziona il recesso anticipato nel contratto a tempo determinato: stabiliremo quindi se e quando è possibile dimettersi o licenziare. Ma procediamo con ordine.

Durata del contratto a tempo determinato

Il contratto a tempo determinato (o, più semplicemente, contratto a termine) ha una durata massima di 24 mesi.

Possono essere previste non più di 4 proroghe all’interno di tale periodo e dunque purché non si sfori la durata massima complessiva di 24 mesi.

Se le proroghe superano i 24 mesi, il contratto diventa automaticamente a tempo indeterminato, dalla data di decorrenza della quinta proroga.

Il contratto collettivo può comunque prevedere una durata diversa.

Quando è possibile il recesso anticipato dal contratto a tempo determinato

Nel contratto di lavoro a tempo indeterminato ciascuna parte può recedere in qualsiasi momento, salvo l’obbligo di dare il preavviso (o, in assenza di preavviso, mediante pagamento dell’indennità).

Nel contratto di lavoro a tempo determinato invece le parti devono obbligatoriamente rispettare il termine non potendo recedere prima di esso, a meno che non vi sia una “giusta causa”. Solo con tale motivazione è possibile licenziare il dipendente o, per quest’ultimo, dare le dimissioni prima della scadenza del contratto.

Ad esempio il lavoratore può rassegnare le dimissioni per giusta causa se non gli sono state pagate le retribuzioni (si parla di almeno 3 mensilità, anche non continuative) e previa messa in mora dell’azienda.

Cosa si intende per giusta causa di recesso?

La “giusta causa” è un motivo talmente grave che non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro. Esso è configurabile sia per il datore di lavoro che per il dipendente.

Vediamo singolarmente queste due ipotesi.

Giusta causa di recesso per il datore di lavoro

Se a recedere è il datore di lavoro, quest’ultimo può farlo solo nel caso in cui la condotta del lavoratore sia tale da ledere in modo grave la fiducia del datore di lavoro, non consentendo più la prosecuzione del rapporto di lavoro. Si tratta delle stesse ipotesi del licenziamento disciplinare. Si pensi alle offese nei confronti del datore o dell’azienda rese in pubblico o tramite i social, all’assenza ingiustificata per diversi giorni, al furto di beni aziendali, alla falsa malattia, alla grave insubordinazione.

Vale la pena citare due precedenti della Cassazione:

Cass. 30 marzo 2010 n. 7645: «In tema di licenziamento disciplinare, il giudizio di proporzionalità della sanzione irrogata, ovvero la valutazione della gravità dell’infrazione e della sua idoneità ad integrare giusta causa di licenziamento, si sostanzia nell’accertamento che la specifica mancanza commessa dal dipendente, in relazione a tutte le circostanze del caso concreto, risulti obiettivamente e soggettivamente idonea a ledere in modo grave la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente, tale da giustificare una sanzione non inferiore a quella espulsiva».

Cass. 22 luglio 2009 n. 17108: «In tema di licenziamento per giusta causa, la valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore deve essere rapportata al concreto rapporto e a tutte le circostanze del caso, così che l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto».

Quanto alla procedura di licenziamento, questa deve rispettare le regole del contratto a tempo indeterminato secondo quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori. Pertanto il datore deve:

  • comunicare al lavoratore tempestivamente, con lettera raccomandata a.r. o consegnata a mani, la contestazione che gli viene mossa;
  • concedere 5 giorni di tempo al lavoratore per presentare scritti difensivi e/o chiedere di essere ascoltato personalmente (se lo ritiene, anche accompagnato da un sindacalista);
  • comunicare subito dopo, senza ritardi, la decisione presa in merito alla sanzione disciplinare (e quindi, eventualmente, il licenziamento).

Giusta causa di recesso per il dipendente

Allo stesso modo e specularmente, il dipendente può dimettersi prima della scadenza del contratto a termine solo per gravi inadempienze del datore di lavoro come:

  • mancato pagamento della retribuzione;
  • aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
  • modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
  • mobbing, ossia di crollo dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi;
  • notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone fisiche o giuridiche dell’azienda;
  • spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 cod. civ.;
  • comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente.

Solo in questi casi si possono ritenere valide le dimissioni (per giusta causa) date in anticipo da parte del lavoratore a termine: in tutti gli altri casi, le dimissioni saranno considerate “volontarie” o semplicemente “per motivi personali”, con una serie di conseguenze che vedremo qui di seguito.

In caso di recesso dal contratto a tempo determinato è dovuto il preavviso?

Il preavviso non è mai dovuto quando il recesso dal contratto di lavoro (sia esso licenziamento o dimissioni) avviene per giusta causa. Quindi possiamo dire che, nel contratto a tempo determinato, la “disdetta anticipata” giustificata da giusta causa non prevede il preavviso.

Invece, se non c’è la giusta causa di recesso e non viene dato il preavviso, la parte recedente (sia datore di lavoro che lavoratore) deve versare una indennità sostitutiva o il valore della retribuzione corrispondente al periodo di preavviso stabilito dal contratto collettivo.

E quindi “in mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso”. Nel caso in cui le dimissioni avvengano per giusta causa il lavoratore ha diritto a ricevere l’indennità sostitutiva del preavviso dal datore.

Nel caso del contratto di lavoro a tempo determinato il periodo di preavviso non è previsto in quanto il contratto, per scelta delle parti, ha una durata stabilita alla quale non è possibile derogare se non – ovviamente – in presenza di una giusta causa; dunque il datore di lavoro può licenziare il lavoratore a termine a seguito di procedimento disciplinare, laddove ravvisi una condotta talmente riprovevole da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria (per l’appunto del rapporto di lavoro), mentre il lavoratore può recedere in anticipo solo nei casi di dimissioni per giusta causa sopra richiamati.

Cosa si rischia se si recede dal contratto a tempo determinato prima della scadenza?

Il recesso anticipato dal contratto a termine senza che vi sia una giusta causa determina l’obbligo, per la parte recedente, di corrispondere

all’altra i mesi di prestazione ancora attesi, sino alla scadenza naturale del contratto secondo una logica molto simile a quella prevista per il preavviso.

Tuttavia, è opportuna una duplice precisazione:

  • nel caso del datore di lavoro, questi dovrà procedere con un ricorso al Giudice del lavoro chiedendo la condanna del lavoratore al pagamento delle mensilità mancanti alla conclusione del contratto a termine;
  • nel caso del lavoratore, questi dovrà procedere con l’impugnazione del licenziamento per giusta causa e dovrà chiedere al Giudice del lavoro l’accertamento della illegittimità del recesso (per mancanza di giusta causa) ed il proprio diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro oltre all’eventuale ulteriore danno.
 
Pubblicato : 27 Dicembre 2023 07:45