forum

Quando un insegnant...
 
Notifiche
Cancella tutti

Quando un insegnante può denunciare un genitore?

1 Post
1 Utenti
0 Reactions
53 Visualizzazioni
(@paolo-remer)
Post: 973
Famed Member Registered
Topic starter
 

Cosa può fare un docente che è stato aggredito, picchiato, intimidito o insultato, per tutelare i propri diritti ottenendo la punizione del colpevole e il risarcimento danni. 

I contrasti nel mondo della scuola sono all’ordine del giorno: molte incomprensioni tra docenti e genitori degli alunni sfociano in veri e propri litigi. Talvolta, gli animi si scaldano e i toni diventano accesi; le discussioni degenerano, le mani si alzano e gli insegnanti vengono offesi o, addirittura, aggrediti fisicamente. La cronaca, purtroppo, racconta spesso vicende del genere. Sono episodi gravi, che non possono essere sottovalutati o lasciati cadere nel dimenticatoio, come se nulla fosse accaduto. Ma, precisamente, come si può reagire ad aggressioni, offese e soprusi? Quando un insegnante può denunciare un genitore? 

La denuncia può essere sposta in tutti i casi in cui il maestro o professore è stato vittima di un reato commesso da un genitore dell’alunno. Con la denuncia si instaura un procedimento penale: quindi la faccenda diventa seria.  Il problema, però, è capire di che reato si tratta: ad esempio, un’offesa verbale costituisce ingiuria (che è stata depenalizzata) o rappresenta un oltraggio a pubblico ufficiale? Se il professore o maestro viene denigrato nella chat di gruppo da qualche mamma o papà, c’è diffamazione? L’intimidazione per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio – ad esempio, per promuovere un alunno che non lo merita – è reato? 

Per capire quando un insegnante può denunciare un genitore bisogna anche tenere presente che alcuni reati sono perseguibili d’ufficio e, perciò, è sufficiente sporgere denuncia; altri reati, invece, prevedono la procedibilità a querela di parte, che è soggetta a particolari condizioni e limiti di tempo. E la recente riforma Cartabia, in vigore dal 28 febbraio 2023, ha ampliato il novero dei reati perseguibili a querela: se essa manca – e ciò avviene anche nel caso in cui c’è una “semplice” denuncia – il processo penale non può svolgersi, ferma restando la possibilità di agire in sede civile per ottenere il risarcimento dei danni causati dall’illecito comportamento. 

Dialogo tra genitori degli alunni e docenti

Il confine fra educazione e istruzione è molto labile: i genitori – che sono i principali destinatari del dovere educativo dei propri figli – non dovrebbero interferire con gli insegnanti per tutto ciò che concerne le metodologie didattiche, i sistemi di apprendimento e la misurazione dei risultati: i punteggi dei voti, l’elaborazione dei giudizi, la valutazione degli esami quadrimestrali, di fine anno o di Stato.

La dialettica e il confronto tra i docenti e i genitori degli alunni sono, ovviamente, consentiti, e risultano opportuni quando riguardano la personalità del bambino o del ragazzo e la sua evoluzione. Questo dialogo può far emergere eventuali problemi e aiuta a risolverli, adottando, sia a scuola sia a casa, i comportamenti necessari. Proprio a tal fine sono stabiliti i colloqui periodici tra genitori e docenti ed anche contatti più frequenti in situazioni particolari che richiedono l’intervento dei genitori e la loro convocazione a scuola per parlare con gli insegnanti. 

Reati in danno dei docenti: quali sono?

A volte il dialogo tra genitori e docenti trascende e degenera: così possono sorgere contrasti accesi, che danno luogo a diverbi verbali, a offese a distanza – come quelle sulle chat e sui social – o addirittura a scontri fisici con l’insegnante, che viene picchiato e può riportare lesioni personali.

I più frequenti reati che un genitore può commettere in danno dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado, da quelle dell’infanzia sino alle superiori, sono: 

  • percosse lesioni personali: quando avviene un’aggressione fisica contro un insegnante, chi la compie è responsabile del delitto di lesioni personali [1], se dal fatto (un pugno, o schiaffo, una tirata di capelli, uno spintone, ecc.) deriva una malattia; se invece non lascia conseguenze fisiche o mentali, c’è il delitto di percosse [2];   
  • minaccia, violenza privata o estorsione: la minaccia è la prospettazione di un male ingiusto, dunque un’intimidazione [3]; la violenza privata [4] avviene quando, con la minaccia o la violenza, si costringe qualcuno a fare, tollerare o omettere qualcosa, ad esempio dire a un docente che la sua macchina sarà bruciata se non promuove l’alunno con ottimi voti o se non copre le sue assenze ingiustificate; se l’azione illecita ha il fine di ottenere un ingiusto profitto, con correlativo danno altrui, il reato diventa quello di estorsione [5];
  • ingiuria o diffamazione: c’è ingiuria [6] quando una frase offensiva dell’onore o del decoro viene pronunciata in presenza del soggetto (questo reato è stato depenalizzato); se l’offesa è proferita in assenza del docente, il reato ravvisabile è quello di diffamazione [7], che si integra quando la comunicazione che lede la sua reputazione avviene con almeno due persone. La diffamazione può essere aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato o dalla pubblicazione a mezzo stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, come un post sui social o una conversazione in una chat di gruppo su WhatsApp; 
  • oltraggio a pubblico ufficiale: sorge questo reato quando l’offesa all’onore e alla reputazione è proferita contro un docente mentre è nell’esercizio delle sue funzioni ed avviene a causa di esse; inoltre, il fatto si deve verificare in un luogo pubblico o aperto al pubblico (come la classe, il corridoio o il cortile della scuola) e alla presenza di più persone, che devono essere almeno due (non c’è oltraggio, quindi, se non c’è nessun altro che ascolta le offese del genitore all’insegnante). I docenti delle scuole pubbliche e di quelle private parificate sono pubblici ufficiali in quanto svolgono pubbliche funzioni: sono tali le lezioni, la tenuta del registro di classe, i colloqui con i genitori, le riunioni di valutazione, le sessioni d’esame. 

Nella chat WhatsApp dei genitori degli alunni di una classe, una maestra elementare viene definita dalla mamma di un bambino con epiteti offensivi, del tipo: cretina, stupida, balorda, incapace. Sussiste il reato di diffamazione, non di ingiuria, in quanto ella non era presente alla conversazione virtuale, e ne è venuta a conoscenza soltanto in seguito, quando un altro genitore le ha mostrato gli screenshot. L’insegnante offesa potrà sporgere querela entro tre mesi; il termine decorre dal momento in cui ha appreso il contenuto della conversazione.

Reati contro i docenti: denuncia o querela?

I reati che abbiamo elencato hanno un diverso regime di procedibilità penale:

  • l’estorsione, la violenza privata e l’oltraggio a pubblico ufficiale sono perseguibili d’ufficio, dunque è sufficiente sporgere la denuncia per instaurare il procedimento penale;
  • le percosse, le lesioni personali, la minaccia e la diffamazione sono procedibili a querela di parte: se essa manca, il procedimento non potrà avviarsi o, se era già stato intrapreso, non potrà pervenire ad una sentenza di condanna;
  • l’ingiuria dal 2016 non è più reato, ed è punita con una sanzione amministrativa, ma l’offeso può agire in sede civile per ottenere il risarcimento del danno.

La denuncia è l’atto con il quale ogni persona porta a conoscenza dell’autorità (Procura della Repubblica, Polizia, Carabinieri) un fatto reato di cui ha avuto notizia; quindi, non è indispensabile che sia la persona offesa a sporgerla. Nel caso della scuola, ad esempio, potrebbe redigerla anche il dirigente scolastico, un funzionario amministrativo o un appartenente alla Polizia giudiziaria che ha assistito al fatto o ne è venuto a conoscenza. La denuncia non è soggetta a termini per la sua proposizione, dunque può essere presentata in qualsiasi tempo, anche a notevole distanza dal momento di commissione del reato, fermi restando i termini generali di prescrizione.

La querela si differenzia dalla denuncia perché, oltre all’esposizione dei fatti, deve contenere anche l’espressa richiesta di punizione del colpevole. Il termine utile per sporgerla è di tre mesi dalla data del fatto, o di quella successiva in cui la persona offesa ne è venuta a conoscenza: ad esempio, una diffamazione sul web o sui social che viene appresa non il giorno della pubblicazione del messaggio, ma solo dopo un po’ di tempo.

Con la riforma Cartabia la querela della persona offesa è diventata necessaria anche per le lesioni lievi (quelle che provocano una malattia di durata compresa tra 21 e 40 giorni), e non solo, come avveniva prima, per quelle lievissime (fino a 20 giorni di prognosi), salvo che sussistano specifiche circostanze aggravanti, tra cui quella dell’uso di armi, di sostanze corrosive o di aggressione commessa da più persone riunite; in tali casi per la procedibilità del reato è sufficiente la denuncia.

Come si svolge il processo per reati contro gli insegnanti?

Con la proposizione della denuncia o della querela si instaura un procedimento penale a carico del genitore che ha commesso l’illecito; all’esito delle indagini preliminari, il Pm rinvierà a giudizio l’imputato e inizierà il processo vero e proprio davanti al giudice. Qui le prove valide sono tutte quelle contemplate dall’ordinamento (testimonianze di chi ha assistito ai fatti, filmati degli impianti di videosorveglianza, documenti, referti medici comprovanti le lesioni, ecc.).

All’inizio del processo, il docente danneggiato potrà anche costituirsi parte civile, con l’assistenza del proprio avvocato, per ottenere il risarcimento del danno, compreso quello morale.

 
Pubblicato : 2 Ottobre 2023 17:37