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Non pagano da mesi: il lavoratore ha diritto a recedere?

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(@adriano-spagnuolo-vigorita)
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Ci si può dimettere senza preavviso se ci sono molti stipendi in arretrato?

Si tende spesso ad addurre mille pretesti per levarsi di torno il dipendente «pusillanime» ed «irriconoscente» che rivendica di continuo il diritto alla retribuzione; in realtà, quest’ultimo – oltre ad essere costituzionalmente garantito – sorge in virtù della stipula del contratto di lavoro!

Allora…il lavoratore che non riceve lo stipendio da diversi mesi potrà dimettersi senza darne preavviso al datore?

La risposta è contenuta nel corpo del presente scritto.

Quali sono gli obblighi delle parti nel contratto di lavoro dipendente? 

Tra i «tipi» contrattuali più diffusi nella realtà quotidiana è fuor di dubbio annoverabile quello di lavoro dipendente (o subordinato, che dir si voglia), disciplinato dagli articoli 2094 e seguenti del Codice Civile.

Il Legislatore definisce, in primo luogo, la figura del prestatore – e, indirettamente, quella del datore -, identificandolo in quel soggetto che, in cambio di un compenso (la retribuzione, le cui modalità sono regolate dall’art. 2099 c.c.), si obbliga a svolgere una determinata attività alle dipendenze e sotto la direzione di un’altra persona, sia essa fisica o giuridica [1].

Malgrado la dottrina prevalente perseveri nell’apostrofare come «forte» la parte datoriale, vi sono diverse norme contemplanti un’ampia sfilza di tutele per il lavoratore (in virtù della sua «debolezza» fattuale): questi, invero, potrà far leva tanto sulle disposizioni del Codice Civile quanto sulle previsioni contenute nelle leggi ad esso complementari e/o collegate, prima tra tutte la L. 300/1970 (correntemente denominata Statuto dei Lavoratori).

In verità, anche la Carta Costituzionale, in virtù del principio di solidarietà di cui all’art. 2, contiene una serie di statuizioni che salvaguardano la dignità di chi lavora: la più rilevante di queste va identificata nell’art. 36 Cost., a tenore del quale il soggetto in questione ha diritto ad una retribuzione che sia proporzionata vuoi alla qualità, vuoi alla quantità del lavoro prestato in favore d’altri, dimodoché egli, unitamente alla sua famiglia, possa vivere dignitosamente.

Dalla rassegna normativa fin qui svolta s’evince che il contratto di lavoro ha natura sinallagmatica (cioè, è a prestazioni corrispettive): se, da un lato, il prestatore deve adempiere ai propri obblighi, dall’altro il soggetto «forte» è tenuto a pagarlo dignitosamente e a salvaguardarne l’integrità fisica e la dignità morale.

Chi può recedere senza preavviso dal contratto di lavoro?

In ossequio alla statuizione contenuta nell’art. 2119 del Codice Civile, ciascuna delle parti è legittimata a recedere dal contratto di lavoro qualora l’altra tenga un comportamento talmente grave da compromettere il vincolo fiduciario richiesto ai fini della continuazione del rapporto: a titolo esemplificativo, si pensi al lavoratore che, per trarre in inganno l’azienda, compia di proposito un errore nell’uso del marcatempo, oppure al datore che trascuri le norme in tema di sicurezza o non adempia all’obbligo di pagare i propri subalterni.

In casi del genere, quindi, il soggetto danneggiato dalla condotta illecita dell’altro non sarà tenuto a dare a quest’ultimo alcun preavviso qualora intenda recedere dal contratto.

L’azienda non paga da mesi: sussiste una giusta causa di dimissioni? 

S’immagini che la Pipponelli S.p.A., casa produttrice di pistole termiche ed altri attrezzi per carrozzieri, non stia corrispondendo da mesi lo stipendio ad Asdrubale, che ivi presta servizio come capo officina da ben quattro anni [2].

Ebbene, la Cassazione ha chiarito che una situazione del genere giustifica le dimissioni del lavoratore senza preavviso, a patto che esse siano tempestive (ossia, vengano rassegnate appena ci si accorge che il datore – privato, azienda o Pubblica Amministrazione – non corrisponde la paga per un considerevole lasso temporale). Se, invece, il prestatore, nonostante il cennato ritardo, tollera la prassi aziendale di procrastinare all’infinito l’accredito dello stipendio, la tempestività non può ritenersi sussistente e, con essa, neppure la giusta causa [3] [4].

La valutazione dell’intervallo temporale competerà sempre al Giudice di merito.

 
Pubblicato : 19 Febbraio 2024 06:41