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I testi scritti da ChatGpt sono coperti da copyright?

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(@angelo-greco)
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Diritto d’autore: i contenuti generati con l’intelligenza artificiale non possono essere tutelati a meno che non siano dotati un elevato margine di creatività. 

Il mondo digitale ha fatto un passo in avanti con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale (IA), e tra i suoi sviluppi più interessanti c’è la capacità di generare testi. ChatGPT, una delle IA più avanzate al mondo, è in grado di rispondere alle domande degli utenti e di creare testi in modo autonomo partendo da zero oppure parafrasando dei contenuti forniti previamente dagli utenti stessi. Questo ha sollevato molte domande sul diritto d’autore e sulla protezione dei contenuti generati da un’IA. Chi è il proprietario dei testi realizzati con ChatGPT?  

In questo articolo verificheremo se i testi scritti da ChatGpt sono coperti da copyright e quindi, in caso di plagio, possono essere tutelati dinanzi a un tribunale, e quale sia la situazione legale attuale in materia.

È legale la parafrasi fatta da ChatGPT?

Prima di addentrarci nel vivo del discorso e di comprendere se è possibile proteggere con il diritto d’autore il contenuto realizzato da ChatGPT ci soffermeremo su una delle funzioni che ChatGPT può eseguire con estrema semplicità e velocità: quella della parafrasi di un testo già esistente e, verosimilmente, coperto dal diritto d’autore perché realizzato da un essere umano. 

Come si fa? Basta scrivere a ChatGPT: «Riscrivi questo testo con altre parole: [….]» e quindi copiare e incollare il testo. ChatGPT fa la sintesi del contenuto con proprie parole. Questa sintesi può ritenersi un’attività legale oppure viola il copyright del creatore originario del contenuto? Di tanto avevamo già parlato nell’articolo ChatGPT: quando c’è plagio e violazione del copyright. In quella sede avevamo detto come, secondo l’orientamento della Cassazione, si realizza un plagio non solo quando si copia pedissequamente un testo altrui ma anche quando ci si limita ad effettuare una parafrasi formale, cambiando solo qualche parola o il costrutto delle frasi. 

Tanto la Cassazione quanto i vari tribunali di primo e secondo grado [1] hanno più volte ribadito che la violazione del diritto d’autore non si verifica solo quando un’opera viene copiata in ogni sua singola parola, ma anche quando viene contraffatta in parte. In particolare la contraffazione parziale si verifica quando, in base a una valutazione generale, i tratti essenziali dell’opera originale vengono ripetuti in un’opera successiva o vi è una riproduzione sostanziale dell’opera originale con differenze minime che sono il risultato del mascheramento della contraffazione. 

Questo significa che la riproduzione dei tratti essenziali di un’opera in un’altra opera è illecita, così come lo è la riproduzione sostanziale dell’opera originale con differenze minime che sono solo il risultato della contraffazione mascherata. 

Per quanto riguarda le opere letterarie, è importante distinguere tra parafrasi e rielaborazione. La parafrasi consiste nella riproposizione di un testo con parole diverse da quelle utilizzate dall’autore originale, che pertanto non può essere considerata lecita. La rielaborazione, invece, consiste nella riproposizione con una forma espressiva autonoma e originale delle idee espresse da altri soggetti. Cambiare alcune parole o modificare l’ordine delle frasi, la punteggiatura o una piccola parte dell’opera non significa evitare il plagio.

Chi è il proprietario dei testi generati da ChatGPT?

Analizziamo ora se chi si avvale di ChatGPT per creare contenuti può proteggere i testi così ottenuti tramite il copyright. Prima di fare la nostra valutazione, abbiamo posto la stessa domanda a ChatGPT:

«il testo scritto da ChatGpt è coperto da copyright?». La risposta è stata la seguente: «Sì, il testo scritto da ChatGPT è protetto da copyright. OpenAI, l’azienda che ha sviluppato e addestrato ChatGPT, possiede i diritti d’autore sul codice sorgente e sulle informazioni generate da ChatGPT. Se si desidera utilizzare il testo generato da ChatGPT per qualsiasi scopo commerciale o altro uso non personale, è necessario ottenere il permesso da OpenAI».

Non siamo però d’accordo con questa conclusione. 

La capacità dei modelli di IA generativa di “digerire” migliaia di documenti come testi o immagini (che possono o meno essere protette dal copyright) per poi “produrre” contenuti che possono apparire dotati di una certa creatività, ma in realtà non possono essere protetti dal diritto d’autore. Oggi non esiste una norma che definisca direttamente e univocamente chi sia l’autore di un’opera generata da una intelligenza attuale. 

Nel mondo giuridico, la protezione del diritto d’autore è riservata alle opere create da un individuo o da un gruppo di individui, e che presentano un grado sufficiente di originalità e creatività. Allo stato attuale, pertanto, le opere generate da un modello di IA non possono essere protette dal diritto d’autore (ossia dal copyright) a causa della mancanza di apporto umano nell’atto creativo. Ciò significa che, a differenza di un’opera creata da un individuo, un’opera generata da un modello di IA non può essere considerata un’opera originale ai fini del diritto d’autore. Risultato: chiunque potrebbe copiare un gesto generato dall’intelligenza artificiale senza poter essere accusato di plagio e di violazione dei diritti d’autore. 

Tuttavia, questo argomento è ancora oggetto di dibattito in tutto il mondo e potrebbe essere soggetto a cambiamenti in futuro. In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, sono state prese in considerazione proposte di modifica della legislazione sul diritto d’autore per permettere la protezione delle opere generate da un modello di IA. In ogni caso, al momento, la maggior parte dei Paesi non riconosce la protezione del diritto d’autore per le opere generate da un modello di IA.

Ad oggi, tanto l’Unione Europea quanto la maggior parte delle legislazioni mondiali sono concordi nel ritenere che i modelli di intelligenza artificiale non possono essere considerati autori di un’opera. Pertanto, il contenuto prodotto da un modello di intelligenza artificiale generativa non può essere protetto da diritto d’autore. In questa situazione, le opere generate dall’IA potrebbero diventare di pubblico dominio. 

C’è un solo caso in cui l’opera realizzata da un’IA potrebbe essere protetta da copyright: se in essa sia identificabile un contributo creativo apprezzabile realizzato da parte di un essere umano. Quindi il testo generato da ChatGPT dovrebbe essere solo lo spunto, il materiale su cui poi dovrebbe intervenire una persona fisica per apportarvi la propria opera creativa, tramite modifiche, aggiunte e (come spesso succede) correzione delle parti ridondanti.  

In questo contesto, diventa fondamentale per l’autore dimostrare che il modello di intelligenza artificiale rappresenta un momento o uno strumento all’interno di un processo creativo più complesso e che vi è stata una particolare valorizzazione dell’apporto umano nel momento creativo. Un esempio recente di questa situazione è l’accettazione della registrazione di un fumetto generato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale da parte dell’Ufficio statunitense per il diritto d’autore, che ha riconosciuto l’apporto umano nella fase creativa.

In definitiva, la questione se un’opera generata da un modello di IA debba essere protetta da diritto d’autore o meno dipende dalla presenza o meno di un apporto umano nell’atto creativo. Se vi è un’identificabile presenza umana, allora l’opera potrà essere protetta dal diritto d’autore, altrimenti diventerà di pubblico dominio.

Ma ChatGPT può copiare dai siti?

Un ultimo interrogativo che si è posto è se sia lecito che ChatGPT, nella sua opera di auto apprendimento, prelevi le informazioni dai siti di terzi per poi rielaborarli e creare altri contenuti parzialmente diversi. 

La questione della legittimità nell’utilizzo dei dati raccolti dal web per addestrare i sistemi di intelligenza artificiale è un argomento complesso e non ha una risposta definitiva. La Direttiva europea sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale prevede un’eccezione chiamata “Test and Data mining”, che consente l’estrazione massiva di dati digitali e la loro riproduzione, a patto che l’uso delle opere e degli altri materiali estratti non sia stato espressamente “riservato” dai titolari dei diritti in modo appropriato, ad esempio con l’accesso a pagamento dietro autenticazione dell’utente. In altre parole, sono i titolari dei diritti che si devono attivare, con mezzi opportuni, per proteggere le proprie opere e fare in modo che non siano oggetto di attività di estrazione massiva di dati.

Quanto alle modalità con cui tale riserva debba essere espressa e portata a conoscenza dei terzi, la legge italiana non dà indicazioni specifiche. 

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Pubblicato : 24 Febbraio 2023 08:45