È reato il saluto romano e la risposta alla chiamata del presente
Legge Scelba: le Sezioni Unite della Cassazione sposano la linea più rigorosa: punite le manifestazioni che rievocano i rituali del partito fascista.
La condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla “chiamata del presente” e nel cosiddetto “saluto romano“, rituale evocativo della gestualità propria del partito fascista, costituisce reato e rientra nella norma incriminatrice prevista di cui all’art. 2 d.l. n. 205/1983, conv. in l. n. 205/1993 (legge Mancino) oppure in quella prevista dall’art. 5 l. n. 645/1952 (legge Scelba).
Secondo le Sezioni Unite Penali (informazione provvisoria n. 1/2024) «integra il delitto previsto dall’art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea ad integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione».
Ma non solo. «A determinate condizioni – infatti – può configurarsi anche il delitto previsto dall’art. 2 del decreto-legge 26 aprile 1983, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 205 che vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».
Tra i due delitti non sussiste rapporto di specialità e possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge.