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È possibile negare lavori pubblici per precedenti penali?

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(@angelo-greco)
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Si ha diritto a scontare la pena attraverso i LPU se si hanno altre condanne penali per reati? In cosa consistono i lavori di pubblica utilità?

La giustizia italiana si trova di fronte a nuove sfide e opportunità nell’ambito della rieducazione dei condannati, specialmente in relazione all’introduzione di misure alternative alle pene detentive brevi, come i lavori di pubblica utilità. Questa opzione, promossa dalla riforma Cartabia, solleva interrogativi sull’efficacia delle valutazioni prognostiche relative alla reintegrazione sociale dei condannati, al di là dei loro precedenti penali. Il dubbio a cui, di recente, è stata chiamata la Cassazione a dare una risposta è se è possibile negare i lavori pubblici per precedenti penali. In questo articolo analizzeremo la pronuncia e le sue implicazioni legali per chi ha la fedina penale macchiata.

Che cosa prevede la nuova normativa sui lavori di pubblica utilità?

La riforma Cartabia ha introdotto una nuova opzione nella gestione delle pene detentive brevi, favorendo misure sostitutive, quali i lavori di pubblica utilità.

Secondo l’art. 545-bis cod. proc. pen., quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, il giudice può sostituire la pena detentiva con una sostitutiva, al ricorrere delle condizioni stabilite dalla legge.

Questa previsione mira a offrire una seconda possibilità di reintegrazione sociale ai condannati, considerando anche la loro capacità di rieducazione e di non recidività.

Lavori di pubblica utilità: in cosa consistono?

Il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, le Città metropolitane, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

L’attività viene svolta di regola nell’ambito della Regione in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non meno di sei ore e non più di quindici ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato.

Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore.

La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.

Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di due ore di lavoro.

I precedenti penali bastano a negare i lavori di pubblica utilità?

Secondo una recente sentenza della Cassazione (n. 12137/2024 del 22 marzo 2024), il giudizio sulla meritevolezza del reo per la concessione di lavori di pubblica utilità non può basarsi esclusivamente sui precedenti penali del condannato.

È indispensabile un’analisi più profonda, che consideri il potenziale rieducativo e preventivo delle misure sostitutive rispetto al rischio di recidiva.

Nel caso specifico preso in esame dalla Cassazione, due sorelle condannate a un anno e otto mesi di reclusione hanno visto accettato il loro ricorso per la concessione di lavori di pubblica utilità, nonostante un “curriculum criminale” significativo.

La Corte ha ritenuto insufficiente la valutazione basata unicamente sui precedenti penali per escludere le misure sostitutive previste dall’art. 545 bis del Codice di procedura penale.

Quali sono i criteri per la concessione delle misure sostitutive?

Il giudice detiene una certa discrezionalità nella decisione relativa alla sostituzione delle sanzioni detentive con misure alternative.

Tuttavia, tale decisione deve essere motivata da una valutazione complessiva che includa non solo gli antecedenti penali, ma anche le condizioni di vita e personali del condannato, valutando la sua effettiva capacità di reintegrazione sociale e prevenzione di future recidive.

La legge dice infatti che, al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il giudice può acquisire dall’ufficio di esecuzione penale esterna e, se del caso, dalla polizia giudiziaria, tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell’imputato.

Conclusioni e implicazioni future

La sentenza della Cassazione apre nuove prospettive sul ruolo delle misure sostitutive nel sistema penale italiano, enfatizzando l’importanza di una valutazione concreta ed effettiva del condannato.

Questo approccio non solo rispetta i principi di giustizia e rieducazione, ma promuove anche un più efficace processo di reintegrazione sociale dei condannati, con potenziali benefici per l’intera comunità.

 
Pubblicato : 25 Marzo 2024 15:15