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Come evitare il carcere?

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(@mariano-acquaviva)
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Tutti i modi per non finire in prigione nonostante la condanna: dalla sospensione condizionale all’affidamento ai servizi sociali passando per l’oblazione.

La pena prevista per la maggior parte dei reati è la reclusione, da scontare all’interno di una struttura adibita alla custodia dei condannati: la casa circondariale. La legge, tuttavia, permette ai colpevoli di evitare il carcere nonostante la condanna definitiva alla pena detentiva. I modi per ottenere questo risultato sono molteplici. Analizziamoli tutti brevemente.

La sospensione condizionale della pena

Per le condanne fino a due anni di reclusione il giudice può concedere la sospensione della pena [1].

Si tratta di un istituto giuridico che consente al colpevole di non scontare la sanzione in carcere, purché nei cinque anni successivi non commetta un altro crimine della stessa indole e non venga meno alle prescrizioni eventualmente stabilite dal giudice (tipo il risarcimento del danno a favore della vittima, ecc.).

In buona condanna, con la sospensione condizionale della pena fino a due anni di reclusione il condannato, pur se riconosciuto colpevole, evita il carcere.

Va precisato che della sospensione condizionale si può beneficiare anche più volte, purché il cumulo delle pene non superi, complessivamente, i due anni di reclusione.

L’oblazione per evitare il carcere

Per i soli reati puniti con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, è possibile evitare il carcere pagando una somma di denaro corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge, oltre le spese del procedimento [2].

Si tratta della cosiddetta oblazione, applicabile solamente per le contravvenzioni, cioè per i reati meno gravi, purché puniti alternativamente con l’arresto (sanzione detentiva) o con l’ammenda (sanzione pecuniaria).

Il pagamento, che va fatto prima dell’apertura del dibattimento o prima del decreto di condanna, estingue il reato.

La messa alla prova

La messa alla prova consente di evitare il carcere all’imputato che decide volontariamente di sottoporsi a un periodo durante il quale svolgerà, gratuitamente, attività di volontariato di rilievo sociale e un lavoro di pubblica utilità [3].

La messa alla prova è tuttavia ammessa solo per i reati puniti con la pena detentiva non superiore a quattro anni, nonché per i reati per i quali è ammessa la citazione diretta a giudizio (furto, ecc.), sempreché l’imputato accetti di risarcire il danno causato alla vittima.

La messa alla prova per i minorenni non è invece subordinata ad alcun limite di pena, potendo essere chiesta anche per reati gravissimi.

Nel caso di esito positivo della messa alla prova, il reato viene dichiarato estinto.

L’affidamento in prova ai servizi sociali

La persona condannata in via definitiva al carcere può evitare di scontare la pena chiedendo l’affidamento in prova ai servizi sociali.

Si tratta di una misura molto simile alla messa alla prova, con la differenza che mentre quest’ultima deve essere richiesta prima dell’inizio del procedimento, l’affidamento ai servizi sociali va domandato subito dopo la condanna (nello specifico, entro trenta giorni dalla notifica dell’ordine di esecuzione della pena detentiva).

Per essere più precisi, l’affidamento in prova ai servizi sociali è una misura alternativa alla detenzione che consente al condannato in via definitiva che deve espiare non più di quattro anni di reclusione di sottoporsi a un programma di recupero al di fuori del penitenziario [4].

L’affidamento in prova può essere concesso anche per condanne superiori a quattro anni, purché la pena concretamente rimasta da espiare non superi tale soglia.

In pratica, con l’affidamento in prova il condannato evita la reclusione (o almeno parte di essa) accettando di seguire un percorso di riabilitazione sociale, consistente nello svolgimento di un’attività lavorativa, un’attività di utilità pubblica o di volontariato, ecc.

L’affidamento in prova ai servizi sociali non comporta l’estinzione del reato ma permette di scontare la pena al di fuori del carcere.

La detenzione domiciliare

Come l’affidamento in prova ai servizi sociali, anche la detenzione domiciliare è una misura alternativa alla detenzione che consente al condannato in via definitiva di scontare la pena a casa anziché in carcere [5].

Possono farne richiesta le persone particolarmente anziane (almeno 70 anni); possono tuttavia accedervi anche i malati, gli inabili (con almeno 60 anni), le donne incinte e i genitori con figli a carico che non possono fare affidamento su nessun altro per badare alla prole, purché però la pena da espiare (anche residua) non sia superiore a quattro anni.

Tutti gli altri possono accedere alla detenzione domiciliare se devono scontare una condanna non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena.

La detenzione domiciliare consiste nell’obbligo di scontare la pena a casa o presso altro luogo di privata dimora, osservando le altre eventuali prescrizioni imposte dal giudice. Da un certo punto di vista, il contenuto della detenzione domiciliare è del tutto analogo a quello degli arresti domiciliari.

Le pene sostitutive delle pene detentive brevi

Secondo la legge [6], il condannato può chiedere di sostituire la pena carceraria con una alternativa.

Per essere più precisi:

  • la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni;
  • Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni;
  • la pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno.
 
Pubblicato : 26 Gennaio 2024 18:15