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Chi ha diritto a percepire la disoccupazione?

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(@paolo-remer)
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Quali sono le categorie di lavoratori beneficiari del sussidio economico erogato dall’Inps; quando l’indennità è esclusa.

La famosa indennità di disoccupazione, che da alcuni anni si chiama Naspi – Nuova assicurazione sociale per l’impiego, e viene erogata dall’Inps – è un sostegno economico essenziale per chi ha perso il lavoro. E come sappiamo, ciò può avvenire per varie ragioni, dal licenziamento, alle dimissioni volontarie, alla scadenza del contratto a termine. Ma siccome, ultimamente, ci sono stati diversi provvedimenti restrittivi che hanno limitato parecchio l’accesso a questo importante ammortizzatore sociale, si pone il problema di stabilire esattamente le categorie dei beneficiari. In poche parole: attualmente, chi ha diritto a percepire la disoccupazione?

Chi sono i beneficiari della Naspi?

Hanno diritto alla Naspi – si chiama così, dal 2015, la vecchia indennità di disoccupazione – tutti coloro che erano lavoratori dipendenti subordinati nel settore privato ed hanno perso il lavoro per cause indipendenti dalla propria volontà.

In altre parole, lo stato di disoccupazione che dà diritto alla Naspi non deve essere stato volontariamente provocato dall’interessato, come invece avviene, ad esempio, in caso di cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni volontarie, salvo che siano state date per “giusta causa“, cioè per un motivo che in realtà risulta attribuibile a una condotta illegittima del datore di lavoro e costituisce da parte sua un grave inadempimento delle prestazioni, economiche e non, cui è tenuto in base al contratto.

Analizziamo meglio questo fondamentale requisito: rientrano nella Naspi i licenziati per qualsiasi causa (motivi disciplinari, esuberi, licenziamenti economici) ed anche coloro che hanno rassegnato le dimissioni per una giusta causa, ad esempio per il mancato pagamento dello stipendio o di altri elementi della retribuzione, o hanno ottenuto la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro nell’ambito della procedura conciliativa tenuta presso la Direzione territoriale del Lavoro (Dtl).

La Naspi spetta anche se le suddette dimissioni volontarie date per giusta causa sono intervenute durante il periodo tutelato di maternità della lavoratrice, ossia a partire da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del bambino, ad eccezione delle lavoratrici domestiche, come colf e badanti [1].

Dal 2023, in base a un’interpretazione fornita dall’Inps, hanno pieno diritto alla Naspi anche ai lavoratori che hanno perduto il posto avendo dato le dimissioni per crisi d’impresa o in vista del fallimento dell’azienda.

Altre cause di perdita involontaria del lavoro – che in quanto tali danno diritto alla percezione della Naspi – sono, se hanno provocato le dimissioni o il licenziamento e dunque la risoluzione definitiva del rapporto di lavoro:

  • le molestie sessuali subite nei luoghi di lavoro;
  • le modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative da parte del datore di lavoro, anche in caso di cessione dell’azienda ad altri soggetti;
  • i fenomeni di mobbing nelle sue varie forme (compreso il bossing e lo straining);
  • lo spostamento del lavoratore ad altra sede in assenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive ai sensi dell’articolo 2103 del Codice civile;
  • il rifiuto del lavoratore di trasferirsi ad altra sede della stessa azienda, distante più di 50 chilometri dal suo luogo di residenza;
  • i comportamenti ingiuriosi nei confronti del lavoratore, tenuti dal datore di lavoro titolare o da un superiore gerarchico del dipendente.

Quali sono i requisiti per la Naspi?

Oltre ai requisiti soggettivi che abbiamo esaminato, costituiti essenzialmente da uno stato di disoccupazione involontario, l’erogazione della Naspi richiede anche la presenza di alcuni requisiti oggettivi, e precisamente:

  • il requisito contributivo, consistente nel versamento dei contributi per almeno 13 settimane nei 4 anni antecedenti all’inizio del periodo di disoccupazione;
  • il requisito lavorativo, che consiste nell’aver lavorato con almeno 30 giorni (di presenza effettiva, a prescindere dal numero di ore; per i lavoratori domestici si considerano 5 settimane) nei 12 mesi precedenti all’insorgere della disoccupazione.

Chi è escluso dalla disoccupazione?

Sono esclusi dalla Naspi:

  • • i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni;
  • • gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato (per loro è prevista, con almeno 51 giornate lavorative svolte nell’anno, l’apposita indennità di disoccupazione agricola);
  • • i lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale;
  • • coloro che al momento della perdita del lavoro hanno già maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
  • • i titolari di assegno ordinario di invalidità, a meno che non optino, in sua sostituzione, proprio per la Naspi.

Dal 2024, saranno esclusi dalla Naspi anche coloro che fanno assenze ingiustificate per almeno 5 giorni consecutivi: in tal modo si è voluto porre fine all’escamotage di farsi licenziare per mancata presentazione sul posto di lavoro, in modo da percepire l’indennità di disoccupazione.

Quali sono le altre forme di sostegno al reddito per i disoccupati?

Se non rientri nei requisiti necessari per percepire la Naspi, ci sono diverse altre forme di sostegno al reddito offerte dell’Inps alle quali potresti accedere, tra cui:

  • l’assegno (ordinario, straordinario o di ricollocazione) per i lavoratori in mobilità;
  • l’assegno di ricollocazione, ordinaria o agricola per i lavoratori in mobilità, in Cigs, in Cigd o in Cigo (sono le varie forme di cassa integrazione guadagni) e per le aziende in crisi in vari settori (agricolo, turistico, tessile, calzaturiero, meccanico, ecc.).

È opportuno interpellare un sindacato o un patronato per conoscere le condizioni di accesso a queste misure di settore, alternative alla Naspi.

Come si fa la domanda di disoccupazione?

La Naspi viene erogata su domanda dell’interessato all’Inps. La domanda deve essere presentata, personalmente o tramite un intermediario abilitato, come un Ente di Patronato, esclusivamente in via telematica, e soltanto dopo l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro, quindi non prima e in anticipo. Sul portale dell’Inps, nella sezione “Servizi per il cittadino – Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito – Indennità di Naspi” sono presenti le istruzioni per compilare la domanda.

Il termine per la presentazione della domanda Naspi, previsto a pena di decadenza, è di 68 giorni a decorrere dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, ma nei primi 8 giorni è previsto un periodo di carenza, durante il quale il diritto del lavoratore a percepire l’indennità non matura ancora (leggi qual è l’errore da non commettere in tale fase, perché c’è il rischio di rigetto della domanda).

Attenzione: la concessione della Naspi è subordinata alla sottoscrizione, da parte del richiedente, di un patto di servizio presso i centri dell’impiego, in quanto la presentazione della domanda di indennità di disoccupazione equivale alla dichiarazione di immediata disponibilità (DID) allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva a sostegno del lavoro. Pertanto, nei 15 giorni successivi alla presentazione della domanda, il richiedente deve recarsi presso il centro per l’impiego per stipulare il patto di servizio personalizzato.

 
Pubblicato : 21 Gennaio 2024 16:00