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Chi fa l’obiettore di coscienza deve andare in guerra?

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(@paolo-remer)
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Chiamata alle armi per chi ha prestato il servizio civile sostitutivo o svolge il servizio civile universale: come funziona? È possibile? Facciamo chiarezza.

Quando alla fine del Novecento il grido “no war!” si è diffuso in tutto il mondo nessuno avrebbe pensato che un giorno saremmo arrivati a porci questa grave domanda: chi fa l’obiettore di coscienza deve andare in guerra?

Molti tra coloro che negli scorsi anni hanno prestato il servizio civile sostitutivo e adesso sono pacifici lavoratori o tranquilli padri di famiglia se lo chiedono. Non hanno imbracciato un fucile all’epoca e non vorrebbero essere costretti a farlo ora, neppure se le emergenze nazionali e internazionali dovessero imporlo a tutti i cittadini. Ma si pongono la stessa domanda anche i più giovani, che sono intenzionati a svolgere il nuovo Servizio Civile Universale, magari perché attirati dalla riserva di posti di lavoro nei concorsi pubblici.

Insomma: la scelta di chi già si è “chiamato fuori” dalle armi esercitando l’obiezione di coscienza, o è intenzionato a farlo adesso, è sempre valida, o può essere revocata d’autorità in qualsiasi momento per emergenze di sicurezza nazionale ed internazionale, visto che i conflitti armati nel mondo sono all’ordine del giorno e l’Italia vi partecipa anche indirettamente, fornendo un apporto militare? Vediamo.

Obiezione di coscienza e nuove emergenze: cosa sta succedendo

In Italia nel corso degli scorsi decenni centinaia di migliaia di pacifisti hanno rifiutato il servizio militare che è stato obbligatorio fino al 2004; dal 1972 la legge gli ha consentito di farlo, prestando il servizio civile sostitutivo.

Ma adesso, con la guerra in atto tra Ucraina e Russia, e con l’Italia che fa parte della Nato – e dunque ai sensi dell’articolo 5 del Trattato è obbligata a intervenire in caso di aggressione armata ad uno Stato membro – la domanda si ripropone in termini pressanti e drammatici: il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha recentemente elaborato un piano per costituire una riserva militare, un corpo di supporto composto da almeno 10mila uomini da richiamare alle armi e pronti a intervenire in caso di attacco armato all’Italia o di necessità internazionali che richiedano l’impiego di questo speciale contingente.

«Il mondo è cambiato, l’Italia si prepari», ha detto senza mezzi termini il ministro. E allora, se così stanno le cose, c’è ancora o non c’è più una comfort zone per gli obiettori di coscienza che li pone al riparo da una possibile chiamata in guerra?

Obiettori di coscienza: quale ruolo in caso di guerra?

Diciamo la verità: oggi gli Stati del mondo, compresa l’Italia e i Paesi aderenti alla Nato, vanno sempre più verso un esercito professionale, composto di pochi ma ben addestrati specialisti, in grado di utilizzare i nuovi armamenti e i sofisticati dispositivi tecnologici che li impiegano. Lo stesso vale per la Marina e l’Aeronautica, che, insieme all’Esercito, compongono le Forze Armate italiane; senza dimenticare i corpi a ordinamento militare, come i Carabinieri e la Guardia di Finanza, che fanno parte delle Forze Armate a tutti gli effetti (diversamente dai corpi a ordinamento civile, come la Polizia di Stato e le polizie locali).

In questa prospettiva un obiettore di coscienza serve a poco ai fini di un conflitto armato, perché non ha la preparazione necessaria per affrontare un conflitto bellico. Non basta più mandare i soldati al fronte vestiti con l’uniforme grigioverde, l’elmetto in testa, il fucile in mano e la baionetta innestata, come avveniva ai tempi delle due guerre mondiali del secolo scorso, quando la fanteria era considerata carne da cannone, o da macello che dir si voglia.

La guerra moderna è molto più complessa di quelle combattute in passato, perché comprende una serie di attività di intelligence e tecnologiche che vanno ben oltre quelle condotte direttamente sul campo di battaglia e comprendono anche il supporto alle popolazioni civili colpite dai conflitti. E proprio in questa prospettiva anche gli obiettori di coscienza potrebbero essere d’aiuto e avere un ruolo fattivo nel mantenimento della pace, senza dover rinunciare ai loro principi. Vediamo come ciò può avvenire.

Obiettori di coscienza: cosa dice la legge?

La nostra Costituzione prevede, all’articolo 11, che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: dunque ammette la guerra come mezzo di difesa della Nazione. La guerra di aggressione è vietata, una guerra difensiva, invece, è consentita se assolutamente necessaria.

A tal proposito l’articolo 52 della Costituzione stabilisce che «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino», dunque è un dovere inderogabile che in caso di guerra riguarda tutti, fino al punto di richiedere di sacrificare la propria vita; ma la norma aggiunge che «il servizio militare è obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge», quindi, ad esempio, chi non può prestarlo per gravi motivi di salute è esonerato.

L’attuale legge che riconosce l’obiezione di coscienza è la n. 230 del 1998, ed ha interamente sostituito la precedente normativa risalente al 1972. Da quel momento il servizio civile rappresenta un modo alternativo e valido di “servire la Patria” senza dover prestare il servizio militare, che già dal 2000, in base a un’apposita riforma, è diventato quasi esclusivamente volontario e professionale: infine nel 2004 il Parlamento, approvando la legge n. 336, ha decretato, con effetto dal 1° gennaio 2005, la sospensione della leva obbligatoria.

Si tratta di una sospensione, non di una abolizione, perché la leva potrebbe essere ripristinata in qualsiasi momento, con una nuova legge. Anzi, per la precisione, con un semplice decreto del presidente della Repubblica (DPR), previa deliberazione del Consiglio dei ministri – quindi con un semplice provvedimento del Governo, senza coinvolgere il Parlamento – perché l’ipotesi di reintroduzione della leva è già stata prevista in anticipo da un’apposita legge, il Codice dell’ordinamento militare, emanato nel 2010.

E in caso di reintroduzione della leva militare obbligatoria caso tornerebbe vigente anche la possibilità di prestare il servizio civile, quindi di esercitare così il proprio diritto all’obiezione di coscienza, che altrimenti rimane latente.

Obiettori di coscienza: quali diritti?

In passato, gli obiettori di coscienza venivano discriminati rispetto a coloro che avevano svolto regolarmente il servizio militare: non potevano ottenere il porto d’armi né svolgere alcun lavoro che comportasse il loro utilizzo, quindi gli era vietato l’accesso nelle Forze Armate e nei Corpi di Polizia anche a livello locale. Per superare questo handicap, negli anni Settanta ed Ottanta coloro che avevano dichiarato la propria obiezione di coscienza erano costretti a presentare una “controdichiarazione” di rinuncia al proprio stato di obiettori, e così tali limitazioni venivano meno.

Ma dal 1998, come abbiamo visto, le cose sono cambiate e l’obiezione di coscienza è diventata un vero e proprio diritto della persona. L’obiezione di coscienza può essere esercitata liberamente, senza condizioni, dunque senza dover professare un determinato credo religioso o appartenere ad associazioni pacifiste: non c’è alcun bisogno di motivare la propria scelta.

La legge, infatti, consente in via generale l’obiezione a tutti gli «obbligati alla leva militare che dichiarino di essere contrari all’uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza attinenti a una concezione generale della vita basata su profondi convincimenti religiosi o filosofici o morali professati dal soggetto», e chiarisce che: «I cittadini che, per obbedienza alla coscienza, nell’esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione […] opponendosi all’uso delle armi, non accettano l’arruolamento nelle Forze armate e nei Corpi armati dello Stato, possono adempiere gli obblighi di leva prestando, in sostituzione del servizio militare, un servizio civile, diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria [1].

In sostanza, l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza è strettamente legato al servizio civile come sostitutivo di quello militare, che l’obiettore non vuole prestare per sue personali ragioni e convincimenti.

Chi sono e cosa fanno gli obiettori di coscienza oggi?

Dal 2005, la sospensione a tempo indeterminato della leva militare obbligatoria ha svuotato la portata pratica di questo diritto all’obiezione di coscienza, perché non essendoci più una chiamata alle armi non è più necessario dichiararsi obiettori e prestare il servizio civile sostitutivo: com’è noto, oggi i giovani non fanno più il servizio militare, e l’arruolamento (aperto anche alle donne) avviene esclusivamente  su base volontaria.

Ma gli obiettori di coscienza non sono scomparsi, anche se, potremmo dire, sono “in quiescenza”, perché gli ultimi che hanno esercitato tale diritto oggi hanno almeno 40 anni di età. I ragazzi che diventano maggiorenni adesso, e coloro che lo sono diventati nell’ultimo ventennio, non hanno alcun bisogno di dichiararsi obiettori, perché non vengono chiamati alla leva.

Però è tuttora possibile prestare il Servizio Civile Universale su base volontaria: possono presentare domanda i giovani di età compresa tra i 18 ed i 28 anni. In questo modo chi lo desidera può mettersi al servizio dell’Italia anche senza entrare a far parte delle Forze Armate. E in favore di chi ha svolto il Servizio Civile Universale c’è, dal 2023, una riserva del 15% dei posti nei concorsi pubblici: lo prevede espressamente una recente legge [2], alla quale tutte le Pubbliche Amministrazioni che indicono i bandi si dovranno adeguare.

L’ultimo bando di concorso (gennaio 2024) per il Servizio Civile Universale prevede la selezione di 52.236 operatori volontari da impiegare in progetti di intervento in Italia e all’estero (più altri 753 operatori per accompagnare i ciechi e i grandi invalidi): ci sono più di duemila progetti attivi tra cui scegliere, stabiliti in base a un apposito piano triennale di rilevazione delle esigenze da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle Politiche Giovanili, d’intesa con l’Unione Europea.

Chi può essere chiamato alle armi se scoppia una guerra?

Ti abbiamo già spiegato in un altro articolo chi può essere chiamato alle armi in Italia in caso di guerra: si tratta, essenzialmente, del personale volontario in servizio nelle Forze Armate ed anche di coloro che hanno cessato di appartenervi da non più di 5 anni e non hanno più di 45 anni di età.

In estremo subordine potrebbe essere reintrodotta la leva obbligatoria, dunque con nuove chiamate alle armi, ma ciò avverrebbe soltanto se il personale volontario in servizio fosse insufficiente e le carenze di personale non possano essere colmate con gli ex appartenenti alle Forze Armate che hanno cessato il servizio da non più di 5 anni. Questa categoria di persone è la prima e probabilmente l’unica che, in caso di necessità, sarebbe richiamata in servizio, senza bisogno di arrivare a chiamare alla leva i giovanissimi che non hanno mai prestato il servizio militare, e neppure di dover richiamare in servizio i veterani che lo avevano svolto in passato e poi si erano congedati.

In altre parole, la possibilità di ricorrere alla coscrizione obbligatoria per attingere a forze fresche da impiegare in guerra o comunque in operazioni militari è un’eventualità molto remota.

Attenzione però: l’articolo 1929 del Codice dell’Ordinamento Militare prevede che il richiamo alle armi può avvenire – oltre che nei casi di deliberazione di guerra – anche quando l’Italia viene coinvolta in una «grave crisi internazionale», e tale coinvolgimento (che può avvenire direttamente o in ragione dell’appartenenza dell’Italia ad una organizzazione internazionale, come l’Onu, la NATO e l’Unione Europea) «giustifica un aumento della consistenza numerica delle Forze Armate». Si tratta, quindi, di una valutazione essenzialmente politica, tale da richiedere un rafforzamento degli organici dei militari in servizio attivo. Comunque in queste situazioni il Codice Militare stabilisce che «al fine di colmare le vacanze di organico, non possono essere richiamati in servizio gli appartenenti alle Forze di Polizia ad ordinamento civile ed al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco»: perciò essi rimangono destinati alle loro consuete attività.

Chiamata alle armi: come funziona?

In caso di entrata in guerra, o comunque di grave crisi internazionale, la chiamata alle armi dei cittadini italiani può essere disposto con un decreto del presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri; non c’è bisogno di una legge perché, come abbiamo visto, questa ipotesi è già contemplata dal Codice dell’ordinamento militare, che ha messo la leva obbligatoria in stand by ma non l’ha abolita.

Dunque, per decidere chi può essere richiamato alle armi e quando, basterebbero i provvedimenti attuativi emanati dal Governo. A quel punto anche i giovanissimi che hanno compiuto 17 anni di età verrebbero chiamati al servizio militare (i Comuni tuttora tengono e aggiornano le cosiddette liste di leva, basate sull’anagrafe della popolazione residente).

Ma ricordiamo che l’entrata in guerra dell’Italia deve essere deliberata dal Parlamento, a norma dell’articolo 78 della Costituzione. In tal caso, «le Camere conferiscono al Governo i poteri necessari»: questa formulazione elastica lascia un ampio margine discrezionale di manovra, in base alle circostanze concrete del caso. Va ricordato che l’Italia può entrare in guerra non soltanto se avviene un attacco armato contro il nostro territorio nazionale, ma anche se viene coinvolta in una grave aggressione internazionale, tale da richiedere un intervento militare dentro o fuori i confini. L’art. 5 del trattato Nato prevede, infatti, una difesa collettiva e solidale: in caso di «attacco armato» ad uno Stato membro gli altri devono intervenire in suo aiuto, se necessario anche con l’uso della forza armata, cioè reagendo militarmente.

Gli obiettori di coscienza possono essere chiamati in guerra?

In base a quanto abbiamo detto, tiriamo le conclusioni: chi ha dichiarato la propria obiezione di coscienza e ha prestato il servizio sostitutivo civile (o non è stato chiamato a svolgerlo) non è tenuto ad andare in guerra, così come chi adesso decide volontariamente di svolgere il Servizio Civile Universale.

Abbiamo visto che da molti anni in Italia, e precisamente dal 1998, l’obiezione di coscienza è diventata un vero e proprio diritto. Chi lo esercita può, quindi, legittimamente rifiutarsi di prestare il servizio militare (va ricordato che la leva obbligatoria è stata sospesa nel 2005 ma non definitivamente abolita, quindi potrebbe essere reintrodotta in caso di necessità) e dunque in questo modo si evita in partenza l’eventualità di essere arruolati e di dover partecipare a conflitti armati.

L’obiettore di coscienza non può essere arruolato nelle Forze Armate

Rimane però la necessità, in caso di guerra dichiarata dal Parlamento, di dover concorrere alle necessità dello Stato prestando il servizio sostitutivo civile, che potrebbe essere reintrodotto insieme alla leva obbligatoria: l’articolo 52 della Costituzione dispone, solennemente, che la difesa della Patria è «sacro dovere» di ogni cittadino, quindi in questo senso neppure gli obiettori di coscienza possono esimersi dal dare il loro contributo.

Si tratta, comunque, di un’eventualità molto remota: in caso di guerra verrebbero chiamati per primi gli appartenenti alle Forze Armate in servizio attivo, poi i congedati da non più di 5 anni (fino a un massimo di 45 anni di età), e solo in casi estremi di assoluta necessità si ricorrerebbe alla reintroduzione della leva obbligatoria.

Ma anche se ciò si verificasse, ci sarebbe sempre per gli obiettori – salvo  future riforme normative, oggi difficilmente ipotizzabili – la possibilità di optare per il servizio civile sostitutivo: ormai l’esercito è diventato professionale e richiede un addestramento che i civili non hanno, né potrebbero conseguire in tempi brevi. D’altronde, come abbiamo visto, gli obiettori di coscienza possono fornire il loro valido contributo alla Patria in altri modi  considerati ugualmente utili e validi, senza alcun bisogno di dover vestire l’uniforme del soldato ed imbracciare le armi.

 
Pubblicato : 1 Febbraio 2024 10:00