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Avvocato: va pagato se scrive gli atti con ChatGPT?

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(@mariano-acquaviva)
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È giusto pagare un avvocato che si fa aiutare dall’intelligenza artificiale? Il legale ha diritto alla parcella se si limita a firmare gli atti redatti da altri?

Salvo casi eccezionali, non è possibile difendersi in giudizio senza l’assistenza di un avvocato. Ciò significa che chiunque voglia far valere un proprio diritto nelle aule di giustizia ovvero voglia semplicemente rispondere alle accuse altrui, deve necessariamente rivolgersi a un legale e pagargli la parcella, se non sussistono le condizioni per accedere al gratuito patrocinio. Con il presente articolo ci soffermeremo su una questione particolare: l’avvocato va pagato anche se scrive gli atti con ChatGPT?

In un’ipotesi del genere, infatti, il cliente potrebbe protestare ritenendo ingiusto pagare la parcella per un lavoro che, sostanzialmente, è stato svolto dall’intelligenza artificiale, cioè da una “macchina”, anziché dal professionista a cui ci si è affidati. Analizziamo più nel dettaglio la questione.

Cos’è ChatGPT?

ChatGPT è forse la più nota forma di intelligenza artificiale.

Si tratta di un software (più tecnicamente, un “chatbot”) in grado di simulare conversazioni, quindi di rispondere a quesiti, eseguire compiti ed elaborare soluzioni, come se si trattasse della mente umana.

ChatGPT è stato implementato con una quantità di dati tale da permettergli di generare testi simili a quelli che scriverebbe una persona e, di conseguenza, di instaurare un dialogo o realizzare componimenti.

Avvocato può scrivere atti con ChatGPT?

A ben vedere, nulla vieta a un avvocato di farsi aiutare da ChatGPT per scrivere i propri atti difensivi.

Non ostano nemmeno ragioni inerenti al copyright: gli ideatori di ChatGPT considerano l’utente come l’autore dell’output, cioè del prodotto finale.

In altre parole, l’utente ha la proprietà dei contenuti creati dal software attraverso le sue interazioni con esso.

Nemmeno sembra essere violato il dovere di diligenza che il codice deontologico forense impone a tutti gli avvocati, i quali devono «svolgere la propria attività con coscienza e diligenza, assicurando la qualità della prestazione professionale» [1].

Se l’atto elaborato da (o grazie all’aiuto di) ChatGPT è di buona qualità, non c’è ragione di ritener leso l’obbligo di diligenza.

Diverso è il caso, invece, dell’avvocato che affida passivamente la redazione di tutti i suoi atti, anche i più complessi, all’intelligenza artificiale, ignaro del fatto che questa non è ancora in grado di sviluppare memorie molto elaborate.

In ipotesi del genere, all’avvocato potrebbe essere rimproverato di non aver svolto diligentemente il mandato conferitogli, con ciò che consegue in termini di sanzioni disciplinari e, soprattutto, di diritto al pagamento della parcella.

Avvocato: va pagata parcella se scrive gli atti con ChatGPT?

Alla luce di quanto detto sinora, possiamo affermare che l’avvocato che scrive gli atti con ChatGPT va pagato, se i suoi scritti sono di buona fattura, cioè se sono atti validi anche se redatti dall’intelligenza artificiale.

In effetti, è difficile pensare che un avvocato si affidi totalmente all’intelligenza artificiale, la quale non può redigere da sola una memoria difensiva senza che le vengano forniti i giusti comandi, cioè le indicazioni essenziali per l’elaborazione dello scritto finale.

È per tale ragione, d’altronde, che l’autore di un testo, anche se redatto dall’intelligenza artificiale, è pur sempre l’utente, cioè colui che si è avvalso del mezzo.

Quanto detto sinora è confermato da una pronuncia della Corte di Cassazione [2], secondo cui l’avvocato va pagato anche se gli atti processuali sono redatti dal cliente o dai sui congiunti.

Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, il legale non aveva redatto gli atti di causa per i quali aveva richiesto il compenso, essendosi limitato a sottoscriverli dopo averne affidato la redazione alla figlia del cliente stesso, che si era avvalsa dell’aiuto del marito giudice.

L’assistito lamentava dunque la mancanza di un apporto “intellettivo-redazionale” da parte del legale.

Secondo la Corte di Cassazione, la circostanza che gli atti processuali siano stati redatti da altre persone non esclude che sia sorto il rapporto professionale con il cliente e, di conseguenza, l’obbligazione di pagamento: l’assunzione del patrocinio da parte dell’avvocato è infatti «il tramite necessario per la valorizzazione degli atti e delle difese, senza il quale essi non avrebbero potuto trovare ingresso in sede processuale».

Insomma: poco importa chi abbia redatto gli atti; ciò che conta è chi li abbia firmati.

Va pertanto retribuito l’avvocato che sottoscrive gli atti difensivi materialmente redatti da altri, foss’anche l’intelligenza artificiale di ChatGPT.

 
Pubblicato : 31 Dicembre 2023 08:30