Il cittadino che è coinvolto, per un periodo troppo lungo, in un processo tributario (anche se a certe condizioni), civile, penale o amministrativo o che ha subito una procedura concorsuale o fallimentare, ha il diritto di richiedere allo Stato italiano in base alla legge (legge N. 89 del 24 Marzo 2001) un risarcimento in ragione degli anni o frazioni eccedenti la durata ragionevole del processo.
La legge in parola prevede che si considera “rispettato il termine ragionevole per la durata del giudizio:
a) se il processo non eccede la durata dei 3 anni in primo grado;
b) Se il processo non eccede la durata di 2 anni in secondo grado;
c) Se il processo non eccede la durata di un anno in terzo grado.
L’entità del risarcimento dipende dall’oggetto del procedimento e dalla sede territoriale della Corte d’appello a cui i ricorsi vanno presentati. Al nord i risarcimenti sono maggiormente cospicui rispetto al sud (c’è un diverso costo della vita). Vengono maggiormente risarciti solitamente procedimenti legati alla famiglia e/o allo Status della persona; anche i procedimenti pensionistici e penali ottengono un buon risarcimento. Valgono in ogni caso le regole poste nell’articolo 2 bis della Legge Pinto che così recita:
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Art. 2-bis
(Misura dell’indennizzo).
((1. Il giudice liquida a titolo di equa riparazione, di regola, una somma di denaro non inferiore a euro 400 e non superiore a euro 800 per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che
eccede il termine ragionevole di durata del processo. L somma liquidata puo’ essere incrementata fino al 20 per cento per gli anni successivi al terzo e fino al 40 per cento per gli anni successivi al settimo)).
Art. 1-bis. La somma puo’ essere diminuita fino al 20 per cento quando le parti del processo presupposto sono piu’ di dieci e fino al 40 per cento quando le parti del processo sono piu’ di cinquanta.
Art. 1-ter.
La somma puo’ essere diminuita fino a un terzo in caso di integrale rigetto delle richieste della parte ricorrente nel procedimento cui la domanda di equa riparazione si riferisce.
1-quater.
L’indennizzo e’ riconosciuto una sola volta in caso di riunione di piu’ giudizi presupposti che coinvolgono la stessa parte. La somma liquidata puo’ essere incrementata fino al 20 per cento per ciascun ricorso riunito, quando la riunione e’ disposta su istanza di parte)).
2. L’indennizzo e’ determinato a norma dell’articolo 2056 del
codice civile, tenendo conto:
a) dell’esito del processo nel quale si e’ verificata la violazione di cui al comma 1 dell’articolo 2;
b) del comportamento del giudice e delle parti;
c) della natura degli interessi coinvolti;
d) del valore e della rilevanza della causa, valutati anche in
relazione alle condizioni personali della parte.
3. La misura dell’indennizzo, anche in deroga al comma 1, non puo’ in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.
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La legge Pinto ha subito nel corso della sua vigenza numerose modifiche. La legge di stabilità 2016 ha ristretto il campo di azione della normativa. Ha ridotto la quantificazione della somma, 400/800 € (in precedenza si arrivava ad un massimo di 1.500€), ed ha introdotto i cosiddetti rimedi preventivi. La parte deve cioè dimostrare di aver intrapreso le vie più brevi per l’ottenimento della sentenza (si rinvia alla consultazione dell’art 1-ter). Sotto questo profilo è necessario sapere che è inammissibile la domanda di equa riparazione da parte del soggetto che non ha esperito i rimedi preventivi all’irragionevole durata del processo (art. 2 comma 1).
Il ricorso è proposto a norma dell’art. 3 legge 89/2001, alla Corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice dinnanzi al quale si è svolto il primo grado del processo. La Corte d’appello, ove il ricorso sia accolto “ingiunge alla pubblica amministrazione di pagare senza dilazione la somma liquidata a titolo di equa riparazione autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione”. Nel medesimo decreto il giudice ingiunge il pagamento delle spese del procedimento.
Convenuti del procedimento sono:
1) Il Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario;
2) Il Ministro Della Difesa quando si tratta di procedimenti svoltisi davanti al giudice militare;
3) in tutti gli altri casi, il ricorso è proposto nei confronti del ministro dell’Economia e finanze.
Il procedimento di equa riparazione, a pena di decadenza, va proposto entro i 6 mesi dal momento in cui la decisione che conclude il processo è divenuta definitiva (passaggio in giudicato della sentenza).
Tralasciando la rimanente parte della normativa, si ricorda che il procedimento di Equa Riparazione può essere proposto anche quando il giudizio si è concluso mediante accordo fra le parti (si rinvia alle sentenze relative della corte di Cassazione come la numero 5398/11.03.05). ).
Ovviamente vi sono dei casi in cui l’indennizzo non viene riconosciuto. Dobbiamo, per tali casi fare riferimento ancora all’art. 2:
Art. 2-quinquies.
Non e’ riconosciuto alcun indennizzo:
a) in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui all’articolo 96 del codice di procedura civile;
b) nel caso di cui all’articolo 91, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile;
c) nel caso di cui all’articolo 13, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
d) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.
Art. 2-sexies.
Si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole
durata del processo, salvo prova contraria, nel caso di:
a) dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato, limitatamente all’imputato;
b) contumacia della parte;
c) estinzione del processo per rinuncia o inattivita’ delle parti ai sensi degli articoli 306 e 307 del codice di procedura civile e dell’articolo 84 del codice del processo amministrativo, di cui al
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104;
d) perenzione del ricorso ai sensi degli articoli 81 e 82 del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104;
e) mancata presentazione della domanda di riunione nel giudizio amministrativo presupposto, in pendenza di giudizi dalla stessa parte introdotti e ricorrendo le condizioni di cui all’articolo 70 del
codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104;
f) introduzione di domande nuove, connesse con altre gia’ proposte, con ricorso separato, pur ricorrendo i presupposti per i
motivi aggiunti di cui all’articolo 43 del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, salvo che il giudice amministrativo disponga la separazione dei processi;
g) irrisorieta’ della pretesa o del valore della causa, valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte.
Art. 2-septies.
Si presume parimenti insussistente il danno quando la parte ha conseguito, per effetto della irragionevole durata del
processo, vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto alla misura dell’indennizzo altrimenti dovuto.
Particolare attenzione merita l’articolo 5-sexies che regolamenta la fase del pagamento. Si prescrive, al comma 4, che “nel caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione di cui ai commi precedenti, l’ordine di pagamento non può essere emesso”. Si tratta di una normazione che appesantisce il percorso di ottenimento dell’indennizzo.
L’amministrazione provvede al pagamento nel termine di sei mesi. In questo periodo i creditori non possono procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto, ne possono proporre ricorso per l’ottemperanza del provvedimento”. Si riporta l’articolo della legge per una più completa conoscenza:
Art. 5-sexies
(( (Modalita’ di pagamento). ))
1. Al fine di ricevere il pagamento delle somme liquidate a norma della presente legge, il creditore rilascia all’amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l’esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l’ammontare degli importi che l’amministrazione e’ ancora
tenuta a corrispondere, la modalita’ di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente articolo, nonche’ a trasmettere la
documentazione necessaria a norma dei decreti di cui al comma 3.
2. La dichiarazione di cui al comma 1 ha validita’ semestrale e deve essere rinnovata a richiesta della pubblica amministrazione.
3. Con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero della giustizia, da emanare entro il 30 ottobre 2016, sono approvati i modelli di dichiarazione di cui al comma 1 ed e’
individuata la documentazione da trasmettere all’amministrazione debitrice ai sensi del predetto comma 1. Le amministrazioni pubblicano nei propri siti istituzionali la modulistica di cui al periodo precedente.
4. Nel caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione di cui ai commi precedenti, l’ordine di pagamento non puo’ essere emesso.
5. L’amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla data in cui sono integralmente assolti gli obblighi previsti ai commi precedenti. Il termine di cui al periodo precedente non inizia a decorrere in caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione ovvero della documentazione di cui ai commi
precedenti.
6. L’amministrazione esegue, ove possibile, i provvedimenti per intero. L’erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio, fatto salvo il ricorso ad anticipazioni di tesoreria mediante
pagamento in conto sospeso, la cui regolarizzazione avviene a carico del fondo di riserva per le spese obbligatorie, di cui all’articolo 26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
7. Prima che sia decorso il termine di cui al comma 5, i creditori non possono procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto, ne’ proporre ricorso per l’ottemperanza del provvedimento.
8. Qualora i creditori di somme liquidate a norma della presente
legge propongano l’azione di ottemperanza di cui al titolo I del libro quarto del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il giudice amministrativo nomina, ove occorra, commissario ad acta un dirigente dell’amministrazione soccombente, con esclusione dei titolari di incarichi di Governo, dei capi dipartimento e di coloro che ricoprono incarichi dirigenziali generali. I compensi riconosciuti al
commissario ad acta rientrano nell’onnicomprensivita’ della retribuzione dei dirigenti.
9. Le operazioni di pagamento delle somme dovute a norma della presente legge si effettuano mediante accreditamento sui conti correnti o di pagamento dei creditori. I pagamenti per cassa o per
vaglia cambiario non trasferibile sono possibili solo se di importo non superiore a 1.000 euro.
10. Nei casi di riscossione per cassa o tramite vaglia cambiario il creditore puo’ delegare all’incasso un legale rappresentante con il
rilascio di procura speciale.
11. Nel processo di esecuzione forzata, anche in corso, non puo’ essere disposto il pagamento di somme o l’assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto o irregolare adempimento degli obblighi di comunicazione. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta.
12. I creditori di provvedimenti notificati anteriormente all’emanazione dei decreti di cui al comma 3 trasmettono la
dichiarazione e la documentazione di cui ai commi precedenti avvalendosi della modulistica presente nei siti istituzionali delle amministrazioni. Le dichiarazioni complete e regolari, gia’ trasmesse alla data di entrata in vigore del presente articolo, conservano validita’ anche in deroga al disposto dei commi 9 e 10)).
Diciamocela tutta: lo Stato, meno paga è meglio è. L’istituto dell’equa riparazione è un passo avanti. Quello che urge è però uno snellimento della burocrazia ed una velocizzazione dei processi. Depenalizzare i reati e incentivare la transazione fra le parti è la strada migliore da percorrersi. Il processo lungo è una palese ingiustizia che danneggia non solo il cittadino ma anche il PIL. Secondo il Ministro Della Giustizia, la riforma del processo civile porterà un miglioramento al PIL di un punto. Io aggiungo e ricordo che la riforma del processo civile ed amministrativo incentiva gli investimenti. Un’impresa, infatti, non può attendere anni per recuperare i propri crediti. Se vogliamo crescere perciò, dobbiamo partire dalla velocizzazione della macchina della giustizia. Sarebbe necessaria anche a questi fini una delegificazione utile a snellire i procedimenti e a facilitare la vita del cittadino.
Speriamo che chi di dovere faccia in fretta.